Un incontro speciale

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È una giornata come tante altre, niente di particolare che la caratterizzi.
Puoi immaginarla come meglio credi: una giornata estiva con tutti i suoi colori oppure una grigia giornata autunnale che si porta dietro un’atmosfera non particolarmente gioiosa.

Poco importa.
Una giornata assolutamente normale, indipendentemente dal tempo e dal giorno segnato sul calendario.

Sei in un bar e stai aspettando che il cameriere ti porti quello che hai ordinato, quando una persona, seduta al tavolino di fianco al tuo e che parla una lingua straniera, si sporge verso di te e comincia a parlarti.
Dopo aver ascoltato poche frasi, capisci che parla in tedesco…e tu sei in grado di dire solo due parole in tedesco: Ja e Nein, vale a dire sì e no.

Cerchi di far capire all’altro che non parli la sua lingua e che non puoi aiutarlo, qualsiasi cosa stia dicendo per te è incomprensibile e non gli puoi essere di nessun aiuto, ma ti accorgi che è un po’ alticcio e che quindi non capisce le tue intenzioni.
Probabilmente qualche bicchierino di troppo lo hanno portato a lasciarsi andare e ora riversa su di te chissà quali ragionamenti.

La persona continua a parlare e tu, per non sembrare scortese, ogni tanto butti lì nella conversazione qualche ja e qualche nein. Non sai perché lo fai ma ti sembra giusto così.
La persona va avanti, continua a parlare e a raccontare chissà cosa.
A volte lo straniero si scalda, mentre espone il suo pensiero. Altre volte è più tranquillo e ti sembra che stia ragionando sulle sue parole, come se stesse per scoprire finalmente il significato di alcuni passaggi della sua vita.

Alla fine, si alza e guardandoti fisso negli occhi, ti saluta con la terza parola che ti eri dimenticato di conoscere in tedesco ma che, sentendola, riconosci subito: danke, grazie.
Non hai capito nulla del discorso fatto dallo sconosciuto di fianco a te nella sua lingua madre, hai abbozzato qualche
sì e no e alla fine di tutta questa bizzarra scena, quel grazie riesce inaspettatamente a scaldarti il cuore e a farti sorridere.

Sei confuso e, nonostante tutto, anche contento per quel sorriso che improvvisamente compare sul tuo viso.
Non riesci a spiegarti cosa sia successo.
Ti sembra di non aver fatto assolutamente nulla, di aver semplicemente lasciato, per educazione, che l’altro facesse una cosa che probabilmente aveva voglia di fare a prescindere da chi avesse davanti e quel grazie continua a rimbalzarti per la testa senza che tu riesca a capirne il motivo.
Poi, ti arriva l’illuminazione e capisci cosa hai fatto negli ultimi minuti…hai ascoltato un’altra persona.
Ci sei stato per lui.

Hai accolto senza giudicare, paradossalmente il non capire nulla di quanto ti venisse detto ti ha consentito di non vedere uno straniero o un uomo con un problema, una persona più anziana o che necessitava un aiuto concreto, un malato o una persona depressa.
Quella davanti a te era una persona, al di là delle definizioni che potremmo trovare per circostanziare il suo mondo.
Una persona.
Semplicemente, una persona.

Quando riusciamo a eliminare i giudizi che spesso, frettolosamente, attribuiamo alle situazioni e quando evitiamo di etichettare le persone che incontriamo, che sia un incontro sporadico e passeggero oppure una conoscenza che dura per anni, ritroviamo l’essenza di quello che è il magico incontro tra le persone.

Scopriamo che il dare è più importante del ricevere e che lo è ancora di più quando questo viene fatto con il cuore leggero, non ponendosi da una posizione privilegiata nei confronti della persona che ci troviamo ad aiutare ma al pari con la persona alla quale viene offerto il nostro servizio.

Nel volontariato così come nella vita di tutti i giorni.

Spicca il volo!
Riccardo

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