
Quest’estate mi trovavo in Valle d’Aosta per una vacanza e, alloggiando in
una località vicina a quella dove abitualmente un mio amico si reca nello
stesso periodo, abbiamo organizzato un’ascensione a una vetta da fare insieme.
L’unico problema logistico era dato dal fatto che avremmo fatto insieme solo
l’ultima parte dell’arrampicata. Infatti il nostro obiettivo era raggiungere la
cima di una montagna posta in mezzo alle due valli nelle quali ci trovavamo:
lui da una parte, io dall’altra, e in linea d’aria a metà strada, appunto, la
nostra meta finale.
Ci mettiamo d’accordo per trovarci alle 12.00 al colle che unisce le due valli
per poi unirci per l’ultima parte e mi accorgo che, visto il dislivello
iniziale di partenza, per arrivare al punto d’incontro io avrei dovuto
camminare 3 ore e mezza e lui invece meno della metà.
Mi alzo presto e comincio l’escursione camminando di buona lena, anche perché
non volevo farlo aspettare.
Riesco a raggiungere il luogo in altura dove avevamo fissato l’incontro con
circa tre quarti d’ora d’anticipo sul programma, probabilmente spinto dalla
paura di farlo aspettare troppo, cosa che mi scocciava.
Fortunatamente, anche lui, tra l’altro accompagnato da un amico (e da quel
giorno, anche mio, si sa, gli sforzi uniscono!), si era presentato con anticipo
e siamo così arrivati contemporaneamente.
Dopo esserci rifocillati e dissetati, siamo partiti per l’ultima parte, la più
dura e con dei passaggi finali più complicati.
Subito dopo essere ripartiti mi sentivo piuttosto stanco, probabilmente la
sosta era stata per me troppo breve per lo sforzo prodotto in precedenza e i
successivi minuti, considerato che mancava ancora un’ora e mezza per giungere
in vetta, sono stati per me molto faticosi.
In quel momento il non essere da solo mi ha aiutato molto e il desiderio di
tenere il passo del resto del gruppetto mi ha consentito di tenere un ritmo sufficiente
per recuperare le forze e raggiungere la vetta.
Probabilmente se fossi stato da solo, avrei potuto rinunciare o comunque,
metterci il doppio del tempo.
Questa breve storia personale mi è tornata in mente quando ho letto la notizia
di uno studio pubblicato sul Journal of Experimental Social Psychology.
Questo studio riporta i risultati di un test nel quale i partecipanti che
dovevano scalare una collina hanno rivelato di sentire di aver fatto molto più
fatica quando lo facevano da soli rispetto a quando erano accompagnati da un
amico nell’effettuare lo stesso sforzo.
Stessa collina, stessi partecipanti al test ma reazioni diverse, sia fisiche
che psicologiche, nel portare a termine la prova, a seconda che venisse svolta
in solitaria o in compagnia di un amico.
A rigor di logica la fatica fatta avrebbe dovuto essere sempre la stessa
essendo le variabili fisiche della prova identiche, come la durata del percorso
e pendenza della collina.
E invece non è stato così.
La cosa incredibile di questo studio è stata inoltre che le persone che hanno
effettuato la scalata in solitaria e che hanno pensato a un loro caro amico,
hanno percepito la collina come meno ripida di quando hanno effettuato lo
stesso percorso ragionando su una persona che era loro indifferente o
antipatica.
Gli autori di questo studio hanno definito questo fenomeno come la “percezione
dell’inclinazione geografica”, che sembra quasi un paradosso visto che
intuitivamente la pendenza di una collina ci sembra un dato oggettivo.
E lo è…ma non lo è!
Questi ricercatori hanno verificato come la percezione dell’inclinazione della
collina utilizzata per il test scientifico è influenzata da variabili
soggettive quali la forma fisica, l’età e la salute di ogni soggetto, che
rendono più o meno impegnativo l’affrontarla.
A queste variabili hanno però aggiunto quelle delle risorse psicosociali, intese
come supporto sociale nell’approcciarsi alla prova, come determinanti per
affrontarla meglio.
L’effetto delle relazioni sociali sulla percezione visiva dell’inclinazione, vale
a dire vedere la collina più o meno dura da superare, risultano in base allo
studio condizionati addirittura dalla qualità della relazione con chi ci
accompagna (ad esempio la durata della conoscenza con l’altro oppure il grado
di confidenza), molto di più di quanto l’umore del singolo o il desiderio di
raggiungere l’obiettivo possano incidere sul risultato.
Quindi,
lo studio dimostra che una salda relazione interpersonale può addirittura
influenzare la nostra percezione visiva di un ostacolo, e per estensione, di un
problema.
La cosa è molto più chiara ad ognuno di noi se pensiamo a tutte le volte che
abbiamo dovuto affrontare una sfida di qualsiasi tipo: dal primo viaggio fatto
senza i genitori al prepararsi per una impegnativa prova sportiva, dall’avviare
una attività imprenditoriale a, perché no, aprire una associazione di
volontariato!
Quando dobbiamo metterci alla prova, ci sembra meno difficile se lo
facciamo insieme ad altri che stimiamo.
Tornando allo studio, vediamo di analizzare alcuni spunti di riflessione: se la
collina non ci sembra così ripida, partiamo con una maggiore convinzione di
potercela fare.
Soprattutto,
non rimandiamo l’impegno di scalarla, quella collina (vera o metaforica).
Perché lo sappiamo: più la prova sfidante è dura, più ci inventiamo tutte le
scuse del mondo per rimandarne l’inizio.
Più l’inclinazione geografica è sensibile, e parafrasando il concetto, più ci
troviamo distanti dal punto desiderato, maggiori saranno le nostre resistenze a
cominciare il processo di avvicinamento.
Scattano nella nostra mente tutti i ragionamenti e pensieri come…“Ma perché
dovrei impegnarmi tanto quando so già che è difficilissimo riuscirci? Perché
sprecare tutto il mio tempo viste le basse probabilità di riuscita?”
Ma la percezione dell’inclinazione geografica cambia radicalmente se
affrontiamo la nostra sfida con un amico, un partner o un collega che stimiamo.
E, incredibilmente, anche solo pensando di avere il loro supporto.
Perché quello che varia non è tanto un’assistenza pratica dell’amico ma un
aumento della nostra percezione di controllo della situazione grazie al
sostegno dell’altra persona, anche se questo aiuto non si traduce
necessariamente in un aiuto pratico.
La collina ha sempre la stessa inclinazione…ma noi ci sentiamo scalatori
migliori!
Quando vuoi iniziare qualcosa di nuovo ma ti senti in qualche modo bloccato o
spaventato dal fare il primo passo, fallo con qualcuno di cui apprezzi la
compagnia e che stimi.
Che può essere fisicamente al tuo fianco o del quale senti il supporto anche a
distanza.
Spicca il volo!
Riccardo