Progettare la successione

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I fatti di cronaca mi inducono spesso a fare un parallelo con i risvolti sulla vita quotidiana, e mi portano a riflettere su come episodi apparentemente lontani tra loro siano in realtà molto più vicini di quanto si creda.

La notizia da cui parto è la decisione del presidente statunitense Biden di abbandonare la corsa per le elezioni presidenziali che si svolgeranno a novembre e di appoggiare la candidatura della sua attuale vicepresidente, Kamala Harris.
Non intendo fare un’analisi politica della sua scelta: quello che mi interessa approfondire è l’idea di farsi da parte per lasciare il posto ad altri, il concetto di successione alla guida di un gruppo.

Al di là del fatto politico e del suo impatto sulla vita di moltissime persone in tutto il mondo, mi interessa capire come una successione alla guida di un gruppo possa essere difficile, a volte dolorosa, ma necessaria.

Questo discorso non riguarda solo capi di Stato o di governo ma anche gruppi più ristretti: un gruppo di lavoro, per esempio, oppure il consiglio direttivo di una associazione, tanto per fare esempi più alla portata di tutti.

Mi è venuto in mente Steve Jobs, fondatore di Apple, che pianificò la sua successione alla guida dell’azienda molti anni prima rispetto all’effettivo cambio al vertice, anticipando così i problemi pratici legati anche al suo stato di salute e garantendo all’impresa una migliore gestione negli anni successivi.
Jobs raccomandò al consiglio di amministrazione una persona che avrebbe dovuto prendere il suo posto e si preoccupò di rendere il passaggio il più facile possibile per garantire la continuità dei progetti aziendali.

Potrei portare esempi analoghi.
Purtroppo, però, sono molto più numerosi quelli nei quali le persone fanno di tutto per restare al comando il più possibile.

Sembra quasi che ricoprire un ruolo ci dia una sensazione di potere e ci faccia sentire più importanti, tanto da credere che, una volta abbandonato il ruolo, svaniranno anche la riconoscenza e la stima degli altri.

Il mondo del Terzo Settore non fa certo eccezione.
(ne ho parlato anche in un precedente  articolo che trovi QUI Cambia il Consiglio Direttivo e…si ricomincia da zero?!?)

“Niente è costante come il cambiamento”, afferma una citazione attribuita a Eraclito.
La successione nei ruoli non va vista come una fine alla quale segua la necessità di ricominciare da zero.
Se siamo lungimiranti e se abbiamo davvero a cuore il benessere del gruppo dobbiamo impegnarci per favorire un cambiamento che garantisca continuità e crescita e dobbiamo essere pronti ad abbandonare il ruolo, senza pensare di essere più capaci degli altri.

Quando abbiamo un ruolo, come quello di presidente o membro di un consiglio direttivo di un’associazione, dovremmo iniziare a progettare la nostra successione fin dal giorno successivo alla nostra nomina,.

È un processo inizialmente controintuitivo ma è sinceramente l’indicazione più concreta che posso passare in base alla mia esperienza, in modo da rendere la vita del gruppo non un continuo ripetersi di ripartenze a ogni cambio di gestione ma un percorso lineare verso un obiettivo chiaro e condiviso da tutti.

Il valore più grande che puoi lasciare agli altri non è tanto dimostrare di essere il più bravo a fare una cosa, come gestire un gruppo, ma aiutare le altre persone che ne fanno parte a sviluppare le doti per diventare la migliore versione di se stesse.

Il tutto a beneficio del gruppo.

Spicca il volo!
Riccardo

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