Le etichette che portiamo

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Ti è mai capitato di attribuire giudizi frettolosi su una persona e poi continuare a giudicarla sulla base di quella prima impressione?
O, ancora, di basarti sul giudizio negativo che hai sentito su una persona e di non offrirle la possibilità di dimostrare di essere differente? A volte lo facciamo con noi stessi: alle elementari una maestra afferma che non sei portato per la matematica e quel primo giudizio ti rimane incollato addosso per tutta ala vita, tanto da credere di essere negato per tutto ciò che riguarda i numeri.
Qualcuno ti dà dell’imbranato perché non riesci a fare bene un movimento specifico in uno sport e lo interpreti come se fosse meglio evitare di dedicarti a qualsiasi attività fisica perché sarebbe tempo perso.
Nel tempo queste convinzioni si rafforzano in noi e ci rimangono attaccate come gli adesivi sui prodotti al supermercato.

Poco tempo fa mi sono imbattuto in un video su Youtube che mi ha fatto riflettere su questo argomento, perché lo mostra in modo molto efficace.

Nella prima scena del video si vede un ragazzo entrare in un bar.
Ha una strana camicia. Guardando meglio si capisce che la camicia è ricoperta da strane scritte.
Ogni scritta riporta un’etichetta con un giudizio o un commento che, evidentemente, qualcuno ha affibbiato al ragazzo nel corso della sua vita.
Alcune di queste etichette, ben visibili, lo definiscono come strano, lento, sfigato, imperdonabile, uno che molla e dallo scarso successo, di buon umore ma anche debole e spaventato.
Il ragazzo ordina qualcosa e la barista, nel porgergli quanto richiesto, gli consegna anche un’etichetta con la scritta perdente. Lui raccoglie tutto e si sposta in un’altra zona del bar per aggiungere dello zucchero alla sua bevanda.
Nel frattempo, un altro ragazzo lo osserva e gli consegna un’altra etichetta che lo definisce goffo.
Il protagonista del video raccoglie anche questa etichetta e se la incolla addosso. Successivamente, trova un posto per sedersi all’interno del bar; inizia a leggere un libro, quando una ragazza seduta poco distante si alza per consegnarli un’etichetta con la scritta nerd.
La scena cambia e il ragazzo cammina per la strada, sempre ricoperto da tutte le etichette che gli altri gli hanno attribuito, quando un giovane passante, incrociandolo, gli sporge un’etichetta della quale non viene reso subito noto il significato.
Il protagonista la guarda in maniera strana, sembra stupefatto da quanto scritto sull’etichetta appena ricevuta.
È diversa dalle altre: quelle già sulla camicia sono nere con scritte bianche mentre questa presenta una scritta nera su sfondo bianco ed è più grande.
Finalmente l’inquadratura si allarga fino a rivelare il contenuto dell’etichetta anche a chi guarda il video: la parola sull’etichetta consegnatagli per ultima è AMATO.
Il protagonista si guarda intorno perplesso, poi, dopo qualche istante di indecisione, decide di piazzarsela al centro del petto sopra tutte le altre.
Si volta a favore di telecamera e, come per magia, la forza di quell’ultima etichetta positiva fa cadere tutte le altre, liberando e alleggerendo il suo corpo. Forse non solo quello.


Molto spesso ci portiamo dietro le etichette negative legate a qualcosa che ci è stato detto, alle bugie alle quali abbiamo creduto o dal modo in cui ci sentiamo riguardo a noi stessi.
Tuttavia, l’unica etichetta che dovremmo portare è proprio quella, AMATO.

Il ragazzo sorride con una nuova consapevolezza che lo porta a proseguire consegnando nuove etichette bianche alle persone che incontra.
Dapprima incontra un uomo, anch’egli ricoperto da tante scritte negative, che rimane spiazzato dal gesto: nell’etichetta che riceve si intravede la scritta “whole”, traducibile in italiano con completo, integro.

Nell’etichetta finale o ritrovato il significato di una frase che spesso ripeto nei miei corsi di formazione: così come sei, sei perfetto/a!

E tu, da quali etichette hai intenzione di liberarti, oggi?


Non servono a nulla, sia che ce le abbiano appiccicate addosso gli altri sia che, con la stessa cattiveria, ce le siamo incollate da soli noi stessi.
Non ci definiscono, al massimo possono descrivere un nostro comportamento in un determinato momento, anche se negativo, e noi non siamo “quella cosa lì”.
Non siamo inadeguati, impacciati o cattivi ma semplicemente in un momento siamo stati inadeguati, impacciati o cattivi.
Possiamo scegliere in ogni istante come comportarci e reagire, cambiando e migliorando noi stessi e le relazioni con gli altri.
Soprattutto, non dobbiamo mai sottovalutare il magico potere che il dono di un’etichetta positiva possa avere sugli altri: quelle non risparmiarle e donale con sincerità a chi ti circonda.
Spicca il volo!
Riccardo

Trovi il video descritto nell’articolo al seguente link di YouTube: 
https://www.youtube.com/watch?v=hNS_D-pw8y4

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