
Esistono alcune verità che spesso si evitano perché sono scomode e sfidanti.
Quando lavoriamo in gruppo, nel mondo del lavoro come nelle attività legate al volontariato, non possiamo ignorare i momenti difficili e le sfide inevitabili.
Accettare questi aspetti ci permette di sviluppare una mentalità di crescita, diventare più resilienti e formare gruppi che prosperano anche nelle situazioni più complesse.
Ecco cinque “verità” che possono aiutarci a crescere nei nostri gruppi e nelle nostre esperienze di volontariato e formazione.
1. Non sei il centro dell’universo
A volte lo pensiamo…ma no, il mondo non gira intorno a noi.
Quanto meno non sempre e non nel modo che vorremmo!
In qualsiasi contesto di gruppo è fondamentale ricordare che non siamo i protagonisti assoluti della scena.
Ogni persona porta con sé le proprie esperienze, idee e sfide, e riconoscere questo aspetto è il primo passo per coltivare una mentalità aperta e collaborativa.
Nel volontariato, capire che non siamo il centro dell’universo significa riconoscere che stiamo lavorando per il bene comune, non per l’appagamento personale.
(Primo consiglio spassionato: rileggi la riga precedente).
(Secondo consiglio spassionato: continua a rileggerla finché non la interiorizzi e solo allora continua a leggere l’articolo).
Allo stesso modo, nei gruppi di formazione, imparare ad ascoltare le opinioni degli altri senza imporre sempre la nostra visione aiuta a creare un ambiente più armonioso e produttivo.
Accettare che ogni membro ha un ruolo e un valore specifico non solo rafforza la collaborazione, ma promuove anche il rispetto reciproco e l’inclusività.
Questa verità è un invito a sviluppare empatia.
Quando iniziamo a vedere il mondo con gli occhi degli altri, la nostra capacità di connetterci autenticamente con il gruppo si amplifica.
Nei gruppi formativi, l’empatia permette di comprendere meglio le sfide e i punti di forza di ogni partecipante.
Nel volontariato, significa riconoscere che stiamo collaborando con persone che, come noi, hanno scelto di dedicarsi a una causa più grande.
Capire che la nostra prospettiva è solo una delle tante ci permette di creare connessioni genuine, costruire un gruppo coeso e lavorare insieme verso un obiettivo comune.
2. Il fallimento è inevitabile
Nel lavoro di gruppo, nessuno è immune dagli errori, e il fallimento non è una minaccia da evitare ma un’esperienza da vivere.
La paura del fallimento può diventare un limite, portandoci a evitare le sfide o a prendere decisioni dettate dall’incertezza.
Ma il fallimento è, in realtà, una parte naturale del processo di crescita, un trampolino di lancio verso nuove opportunità.
Nei contesti di volontariato, ci possono essere momenti in cui un progetto non va come previsto, oppure situazioni in cui un’iniziativa si rivela più complessa del previsto. In ambito formativo, potresti incontrare difficoltà in un’attività di gruppo o fare errori mentre ti impegni in una nuova competenza. Ma chi lavora in gruppo e accetta il fallimento come parte del percorso può trarre insegnamenti preziosi da ogni errore e costruire una cultura di resilienza.
Accettare il fallimento significa dire a noi stessi e agli altri: “È normale commettere errori, è normale non avere tutte le risposte”.
Quando lavoriamo in gruppo, imparare a sperimentare senza paura è essenziale.
Un team di volontari che si sente libero di esplorare nuovi approcci, senza timore di fallire, può affrontare le difficoltà con creatività e intraprendenza.
E in una classe di formazione, un gruppo che si sostiene anche nei momenti di difficoltà sviluppa una capacità di adattamento che arricchisce l’esperienza di apprendimento per tutti. La resilienza che si costruisce affrontando il fallimento rende i gruppi più forti e pronti ad affrontare qualunque sfida.
3. Abbraccia il disagio e fai amicizia con l’incertezza
La vita, così come i progetti di volontariato e i gruppi di persone, sono un flusso continuo di cambiamenti e sfide. La verità è che non esistono comfort zone permanenti, e imparare a essere flessibili ci permette di adattarci con più serenità anche ai cambiamenti improvvisi.
Essere a proprio agio con l’incertezza è una capacità che rende un gruppo di volontari o una classe di formazione più preparati e resilienti.
Perché? Perché quando ci allontaniamo dalla nostra zona di comfort, apriamo la porta a nuove esperienze e apprendiamo competenze che non avremmo mai sviluppato rimanendo fermi.
Accettare il disagio significa permetterci di crescere, affrontando con curiosità le difficoltà.
Questa verità è particolarmente utile per i leader, siano essi responsabili di gruppi di volontari o facilitatori in un contesto di formazione.
Chi guida un gruppo deve saper mostrare adattabilità e non temere l’incertezza.
Ecco un esempio: se un progetto non va come previsto, un buon leader non si lascia scoraggiare, ma cerca nuove strade e coinvolge il gruppo nel trovare soluzioni alternative. In un gruppo, il facilitatore che dimostra apertura e adattabilità ispira i partecipanti a fare altrettanto, creando un ambiente di apprendimento dinamico e stimolante.
4. Il successo del gruppo dipende dalla leadership
Questa verità, espressa dall’esperto di leadership John C. Maxwell, riassume un concetto fondamentale: la leadership è il fulcro intorno a cui ruota la riuscita o il fallimento di un gruppo.
Un leader autentico non si limita a prendere decisioni o a dare indicazioni, ma è un punto di riferimento per il gruppo, qualcuno che ispira, guida e facilita il lavoro di tutti.
Nel volontariato, un buon leader è colui che sa coinvolgere i membri del gruppo, valorizzando il contributo di ciascuno e creando un clima di collaborazione.
È il tipo di leader che incoraggia gli altri ad esprimere le proprie idee e a prendere l’iniziativa, costruendo una cultura di fiducia in cui tutti si sentono parte del progetto.
Nella formazione, il leader è il facilitatore che guida il gruppo verso l’apprendimento, favorendo la partecipazione e stimolando il confronto tra i membri.
Il ruolo della leadership è tanto cruciale quanto delicato: la qualità della leadership influisce direttamente sull’atmosfera del gruppo e sulla motivazione dei membri.
Quando il leader è presente e guida con empatia e rispetto, il gruppo fiorisce e si rafforza. Quando, al contrario, manca una guida chiara, il rischio è che il gruppo perda di coesione e che il progetto si disperda. In un gruppo di volontari, come in una classe di formazione, tutto può salire e cadere a seconda della qualità della leadership.
Per questo, se ti trovi in un ruolo di guida, ricordati di essere presente e di ispirare il tuo gruppo con fiducia e visione.
5. Il rimpianto è una lezione amara, ma preziosa