In Danimarca, nel 2000, è stata creata la prima Human Library – la Libreria Umana, progetto poi esportato in molti altri Paesi, in tutto il mondo.
La particolarità di questa biblioteca è che non si prendono libri in prestito per leggerli ma…persone!
Proprio così.
Non è una vera e propria biblioteca ma una serie di eventi organizzati nei quali si ha la possibilità di entrare in contatto con persone presso luoghi fisici (comprese le biblioteche tradizionali, ma anche in un parco o in altri spazi) scegliendole da un elenco e avere così la possibilità di farsi raccontare una storia.
Ma non una storia qualsiasi, bensì la storia di quella persona.
L’idea di fondo è quella di far conoscere i percorsi di vita fatti da chi magari appartiene a categorie emarginate o che ha subito qualche forma di discriminazione, in modo da superare i pregiudizi e gli stereotipi per aumentare il dialogo fra le persone.
Ogni persona che si rende disponibile è catalogata con un breve codice identificativo: ragazzo con disabilità, persona omosessuale che ha subito discriminazione, rifugiato politico, donna che ha subito violenze, ragazzo vittima di bullismo, senzatetto, etc. Per circa mezz’ora, il “lettore” può porre domande alla persona prenotata facendosi raccontare il suo vissuto.
Ognuno di noi ha il proprio vissuto e ha fatto un determinato percorso di vita.
Quando ci convinciamo che il nostro è l’unico modo di vedere il mondo e tutto quello che ci capita, questo diventa un limite.
Specialmente quando non abbiamo esperienza diretta di una certa realtà ma pensiamo comunque di saperne qualcosa e di essere legittimati a dire la nostra opinione, anche a sproposito.
A volte un silenzio consapevole sarebbe la tattica migliore da adottare…ma si capisce dopo…
Spesso ci formiamo un’idea ancora prima di aver capito il problema: questo capita soprattutto quando abbiamo a che fare con le persone.
Soprattutto quando queste si trovano al di fuori della nostra cerchia di conoscenze più strette.
Dialogare con chi vive una situazione che non conosciamo, perché lontana dalla nostra realtà, ci porta a capire e a eliminare i pregiudizi che si formano troppo facilmente. È questo l’obiettivo della Libreria Umana.
Quando sono venuto a conoscenza delle Human Library ho cominciato a ragionare su alcuni aspetti.
Prima di tutto, ho cominciato a riflettere sul fatto che, generalmente, non dedichiamo tempo a parlare con gli altri. E questo sta peggiorando, col passare degli anni.
Una volta salutavamo educatamente anche chi conoscevamo solo di vista; oggi, invece, tutti presi dalla velocità con cui viviamo, capita di non salutare neanche quelli che effettivamente conosciamo.
La cosa strana è che nonostante sia diminuito il tempo che mediamente dedichiamo al confronto con gli altri, siamo tutti più propensi a catalogare il prossimo con estrema facilità (faciloneria, forse).
Quante volte abbiamo dato per scontato che la nostra interpretazione di una storia, un fatto o un avvenimento fosse il più logico e il più sensato? E quanto ci siamo stupiti nel notare che altri avevano idee differenti a riguardo?
Senza parlare di temi politici e guardando invece a una realtà associativa: quante volte abbiamo preso una posizione per partito preso senza avere un quadro completo della situazione oppure abbiamo frainteso l’opinione altrui?
Vi lascio, quindi, con una serie di domande, più che con una conclusione, sperando che lo spunto della Libreria Umana possa essere uno strumento al quale pensare per migliorare la nostra comprensione dell’altro.
Quanto tempo dedichiamo a chiedere veramente all’altro cosa pensa o cosa ha vissuto?
Quanto siamo aperti veramente al confronto, soprattutto con chi vive una realtà della quale abbiamo qualche idea ma che, a conti fatti, non conosciamo poi così bene?
E a maggior ragione, se mi trovo un po’ in crisi nel rispondere alle domande precedenti, cosa farò da oggi per cominciare a trovare le risposte?
Spicca il volo!
Riccardo