La gestione del tempo: lo controlliamo o ne siamo controllati?

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Non ne abbiamo mai abbastanza e ne vorremmo sempre di più, ci sembra che avendone a disposizione in quantità maggiore riusciremmo a fare meglio le cose.
Anche poco, ma comunque un po’ di più.
E no, non sto parlando dei soldi ma del tempo.

Ogni giorno, ci ritroviamo a rincorrere le nostre attività.
Non riusciamo a gestire il tempo come vorremmo, anche se abbiamo molti strumenti per misurarlo e monitorarlo: orologi, smartphone, pc…

Senza una corretta gestione del tempo diventa impossibile raggiungere i nostri obiettivi, che siano lavorativi o familiari oppure legati alle attività che svolgiamo in associazione o in un gruppo di cui facciamo parte.

Spesso accumuliamo così tanta tensione nel gestire il tempo che dedichiamo al lavoro, dove le scadenze possono essere fissate in modo tassativo da nostri superiori oppure possono essere condizionate dai rapporti con clienti e fornitori, che poi, a ruota, ci troviamo a fare i salti mortali per completare le normali mansioni legate agli impegni personali.

I ritardi si accumulano, gli impegni slittano e gli incastri per rispettare gli orari prefissati diventano sempre più complicati, come in un Tetris, il videogioco dove i pezzi da incastrare scendono sullo schermo a velocità sempre maggiore, con il passare del tempo.  

DEFINIRE IL TEMPO

Fin dall’antichità si è cercato di definire il tempo. Gli antichi greci ne avevano individuate differenti forme, collegandole a due divinità: Kronos e Kairos.
Il primo è il dio del tempo cronologico, quello che oggi viene scandito dal nostro orologio, mentre il secondo è il dio del tempo come lo percepiamo noi, come individui.
Kronos è crudele, tanto che, poiché un oracolo aveva predetto che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato, li uccideva appena nati, ingoiandoli, come raffigurato in un celebre dipinto di Francisco Goya. La profezia si avverò quando sua moglie Rea diede alla luce Zeus e, per salvarlo, consegnò a Kronos una pietra al posto del neonato. Zeus riuscì così a diventare il re dell’Olimpo.
Kronos è, quindi, simbolicamente, il tempo che divora tutte le cose. 
Effettivamente, chi non si è sentito almeno una volta così nel rincorrere i vari impegni quotidiani?

Kairos, invece, viene raffigurato in maniera molto più gentile e aggraziata, con delle ali e una bilancia che lo aiuta a decidere ogni volta a cosa dare peso.
Kairos è quindi il tempo che non è misurabile, perché siamo noi a dargli o meno importanza.
Percepiamo in modo diverso un’ora di studio di una materia che detestiamo oppure al lavoro a svolgere una mansione noiosa rispetto a un’ora a cena con i nostri cari amici a ridere e scherzare.
Sembrano due entità di tempo completamente diverse, vero?
Eppure, il cronometro ci dice che il tempo è lo stesso: sempre un’ora, per l’esattezza 3.600 secondi che, però, abbiamo vissuto con emozioni diametralmente opposte e che ce li hanno fatti vivere come se fossero interminabili nel primo caso e, invece, troppo veloci a volare via, nel secondo.

Così come l’attesa di qualcuno sembra far scorrere il tempo molto più lentamente di quello che percepiamo se quello in ritardo siamo noi.

Con il passare dei secoli, la percezione del tempo è stata analizzata scientificamente anche a livello neurologico: numerosi studi hanno dimostrato che la percezione emotiva in attività nelle quali siamo più piacevolmente coinvolti riesce a variare la sensazione del tempo che scorre, che ci sembra passare velocemente, mentre, quando il coinvolgimento è basso ci convinciamo che i minuti non passino mai.
In sostanza, la stessa conclusione alla quale erano arrivati gli antichi greci.

Mitologia greca o scienza, la sensazione che abbiamo di non avere fatto abbastanza e di non avere avuto sufficiente tempo a disposizione, sembra essere una costante delle nostre vite.

Cosa possiamo fare per controllare il tempo ed eliminare questa fastidiosa sensazione?

La soluzione principale è non prendersi in giro quando prendiamo degli impegni.
Forse perché siamo vittime della cultura del multitasking oppure vogliamo dimostrare a noi stessi e agli altri che possiamo fare tutto da soli, ci autoinfliggiamo un numero quotidiano di cose da fare ben superiore a quelle che possiamo portare a termine.
E rimaniamo frustrati quando la maggior parte delle volte non raggiungiamo gli obiettivi previsti.

Il punto è che sovrastimiamo la nostra capacità di gestire il tempo
e sottostimiamo quanto effettivamente ci voglia per fare ogni singola cosa.

Il libro che vuoi leggere ha 300 pagine: puoi leggerne 100 al giorno, quindi stabilisci di finirlo in 3 giorni.
Nel fare questo calcolo hai considerato solo il ricordo di quell’unica giornata in agosto in cui, essendo in ferie e senza altre cose da fare, sei riuscito a leggere 100 pagine.
Non si è mai più verificato…e non perché sei un cattivo lettore o non ti piaccia quel libro ma perché ci sono tantissime altre cose da fare in una giornata e il tempo che avevi pensato di dedicare alla lettura è stato poi risucchiato da altre incombenze, magari urgenti e impreviste quando hai fatto il tuo bel calcolo.

Per organizzare il mio tempo in modo più obiettivo io ricorro al principio dell’“almeno”.
Anziché impormi un traguardo difficile da raggiungere (come leggere 100 pagine al giorno), ne fisso uno più realistico, e quindi più motivante: almeno 30 pagine ogni giorno.
Se poi ne leggerò di più, ben venga, ma 30 è l’obiettivo minimo giornaliero.
Quindi il mio calcolo è di leggere il libro in 10 giorni (o anche meno).
Sono più del triplo dei 3 giorni ipotizzati inizialmente, è vero: ma in questo caso, fissando un obiettivo più realistico, fra dieci giorni sarò contento di aver effettivamente letto il libro nel tempo previsto. Nel primo caso, non riuscirei comunque a rispettare il termine dei tre giorni e ne sarei deluso.

Una corretta gestione del tempo prevede, secondo me, accettare che il multitasking è una chimera.

Certo, sarebbe bello poter fare più cose contemporaneamente, e farle tutte in modo impeccabile.  
Molte persone sono convinte di essere orientate al multitasking perché sono piene di impegni, anche se non ne vengono a capo e se ne lamentano di continuo: questo non è multitasking, è un pasticcio sicuro.

Fare più cose contemporaneamente non ci rende più produttivi.
Meglio farle una alla volta. Vengono meglio.
È vero che spesso, soprattutto al lavoro, capita di dover intervenire tempestivamente per risolvere un’incombenza improvvisa anche quando si sta facendo altro. In questo caso è meglio sospendere quello che si sta facendo per riprenderlo passata l’emergenza.
È una questione organizzativa e non di gestione del tempo del singolo.

A questo proposito, saper delegare aiuta a gestire meglio il tempo.
In ogni ambito.
Al lavoro e in famiglia lasciare che siano altri a occuparsi di alcuni compiti contribuisce al nostro benessere, magari iniziando dal farsi aiutare in piccole cose.

Anche nelle associazioni di volontariato ci sono persone stressate perché ricoprono più ruoli.
All’inizio sono convinte di riuscire a fare tutto. Poi si ritrovano in costante affanno di fronte ai mille impegni presi.
La responsabilità è importante ma non significa che ci si debba dedicare anima e corpo all’associazione.
Occorre suddividere i compiti, altrimenti si rischia di vivere il volontariato come un secondo lavoro.

La verità è che non è vero che abbiamo poco tempo ma che ne sprechiamo tanto.
Sono tante le distrazioni che ci rubano il tempo: i social network sono uno dei principali indiziati certo, ma i colpevoli siamo noi che ci lasciamo tentare e attrarre.

Se davvero pensiamo di avere poco tempo per le cose importanti, dovremmo smetterla di perderne tanto dedicandoci a ciò che importante non è.

Sarebbe bello se Kronos e Kairos coincidessero sempre.
Vivere il tempo con piacere ogni minuto che passa, sentendoci bene per come siamo e nel posto in cui siamo in quel momento.
Non sempre è facile, soprattutto per chi fa un lavoro che non lo appassiona.
In quel caso l’obiettivo immediato non è rendere magicamente idilliaco ogni momento che ora ci sembra noioso: iniziamo a viverlo un pochino meglio, e poi ancora meglio, fino a vederlo meno opprimente di prima.

Forse quella di diventare degli ottimi gestori del tempo non è neanche la questione di fondo.
Se diventiamo ottimi organizzatori del nostro tempo ma alla fine non sappiamo dare il giusto valore a questo tempo, saremo solo stati bravi a catalogare bene gli impegni senza gustarci il momento nel presente. 
Questo è il vero obiettivo. 

Concludo citando un dialogo tratto dal film di animazione Kung Fu Panda.
La scena è quella nella quale il maestro Oogway, la saggia tartaruga, ascolta lo sfogo del panda Po, pieno di dubbi sul suo ruolo e sul punto di mollare tutto.
Nonostante i mille sforzi e i duri allenamenti, non riesce infatti a stare al passo degli altri guerrieri e non ha abilità particolari. È sconfortato e non sa cosa fare.
Dopo aver ascoltato le sue preoccupazioni, il maestro Oogway lo rincuora dicendogli:

Mollare…non mollare.
Spaghetti…non spaghetti.
Ti preoccupi troppo di ciò che era e di ciò che sarà.
C’è un detto: ieri è storia, domani è un mistero
ma oggi è un dono, per questo si chiama presente.

Spicca il volo!
Riccardo

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