Il presidente di un’associazione: un ruolo di responsabilità, sfide e opportunità

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Essere presidente di un’associazione del terzo settore è sicuramente un’esperienza complessa e  al tempo stesso sfidante per chi decide di affrontarla.
Non si tratta solo di gestire risorse e progetti, ma di dare una direzione, creare impatto e ispirare chi partecipa alle attività dell’organizzazione.
Tuttavia, proprio come un amministratore di un’azienda (e no, il paragone non è azzardato), anche il presidente può cadere nella trappola di essere troppo geloso del proprio ruolo e della propria posizione, perdendo di vista il vero scopo del suo incarico.

Le sfumature di questo atteggiamento sono ovviamente molteplici e non si arriva a caratterizzazioni viste in altri ambiti ma anche nel Terzo Settore, pur ritrovandocisi magari inconsciamente, il rischio è alto e, di conseguenza, va valutato attentamente, anche con una sorta di autoanalisi.

Prendo il ruolo del presidente come figura di riferimento, essendo anche rappresentante legale, ma le seguenti parole si possono coniugare anche ad altre persone che fanno parte di un Consiglio Direttivo o sono membri di uno staff.

NOTA BENE: Quello che analizzo è un atteggiamento che può capitare, e non intendo assolutamente indicarlo come conseguenza naturale delle cose nel mondo associativo dopo un determinato periodo.
Prendo in considerazione un possibile scenario non propriamente positivo per delineare i possibili accorgimenti per migliorarlo.

La visione del leader: tra controllo e delega

Alcuni presidenti di associazioni si trovano a dover bilanciare il desiderio di mantenere il controllo con la necessità di lasciare spazio agli altri. La tentazione di accentrare tutto su di sé è forte, perché si ha la sensazione che nessuno possa comprendere la missione e gli obiettivi dell’associazione meglio di chi la guida.

Ma questo atteggiamento può rapidamente trasformarsi in un freno, bloccando l’innovazione e la crescita dell’organizzazione.

L’illusione del controllo assoluto

Quando un presidente si comporta come se l’associazione fosse una sua creazione personale, rischia di soffocare il contributo di volontari, collaboratori e membri del consiglio direttivo. L’idea di dover approvare ogni decisione, di avere l’ultima parola su tutto e di non fidarsi delle competenze altrui può portare a un ambiente poco collaborativo e stagnante.

Ma c’è una lezione fondamentale che ogni leader dovrebbe imparare: un’associazione non è mai solo il riflesso di chi la guida.
È un organismo collettivo che vive delle energie e delle idee di tutte le persone coinvolte.

L’importanza della delega e della fiducia nel team

Un buon presidente non è colui che decide tutto, ma chi riesce a creare un sistema in cui il talento di ogni membro viene valorizzato. Questo significa affidarsi agli altri, permettere a chi ha competenze specifiche di prendere decisioni in autonomia e favorire un ambiente in cui ognuno si senta parte del progetto.

Delega non significa perdita di controllo, ma potenziamento dell’organizzazione. Un team ben guidato, con ruoli chiari e autonomia operativa, lavora meglio e ottiene risultati più significativi.

Dare priorità all’impatto, non all’ego

A volte, il presidente può cadere nella trappola di considerare la sua leadership come l’aspetto più importante dell’associazione. Ma la verità è che il focus dovrebbe sempre essere sull’impatto generato, non sul prestigio personale.

Un’associazione ha senso solo se porta un cambiamento positivo nella comunità. Se il leader si concentra più su come mantenere il controllo che sul creare valore per gli altri, si allontana dalla missione principale dell’organizzazione.

Semplificare, Tagliare, Ottimizzare

Una delle sfide più grandi per chi guida un’associazione è la gestione delle risorse. Spesso ci si trova a dover fare i conti con budget limitati, tempo insufficiente e un carico di lavoro che sembra non finire mai.

Ecco perché un presidente efficace deve saper semplificare e ottimizzare. Quali sono le attività davvero necessarie? Quali processi possono essere snelliti? Ci sono cose che si fanno solo perché “si è sempre fatto così”?

Fare queste domande e prendere decisioni coraggiose può fare la differenza tra un’associazione che prospera e una che rimane impantanata in inefficienze.

Affrontare le sfide con coraggio e visione

Ogni associazione affronta momenti difficili: progetti che non decollano, finanziamenti che non arrivano, persone che si allontanano. Un buon presidente non si lascia scoraggiare, ma affronta le difficoltà con lucidità e determinazione.

Questo significa avere il coraggio di cambiare rotta quando necessario, di abbandonare progetti che non funzionano e di sperimentare nuove soluzioni. Significa anche saper ascoltare, accettare critiche costruttive e imparare dagli errori.

Un Leader che costruisce il futuro

Il miglior presidente è colui che lavora per rendersi superfluo. Sembra paradossale, ma un vero leader non costruisce un’associazione attorno a sé stesso, bensì crea le condizioni per cui l’organizzazione possa crescere e prosperare indipendentemente dalla sua presenza.

Ciò significa formare nuovi leader, coinvolgere le persone in modo attivo e trasmettere una cultura di collaborazione e innovazione.

Conclusione: guida con visione, non con l’attaccamento al ruolo

Essere presidente di un’associazione del terzo settore è un compito impegnativo e pieno di responsabilità. Ma è anche un’opportunità straordinaria per fare la differenza.

Chi guida un’organizzazione deve ricordare che il suo ruolo non è quello di controllare, ma di ispirare. Non di accentrare, ma di valorizzare. Non di conservare il potere, ma di costruire un futuro in cui l’associazione possa continuare a esistere e a crescere, indipendentemente da chi la guida.

Solo così si potrà davvero dire di aver fatto un buon lavoro.

Spicca il volo!
Riccardo

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