Si narra che in India una signora, madre di un bambino malato di diabete, non sapesse più come convincere il figlio a non mangiare alimenti che contenessero lo zucchero perché pericolosi per la sua salute. Ormai sfinita dai mille tentativi fatti, stava per abbandonare ogni speranza di aiutarlo quando un conoscente le parlò del Mahatma Gandhi, riconosciuto da tutti come persona saggia e sapiente: perché non chiedere il suo aiuto?
Gandhi aveva già dato prova della sua capacità di risolvere problemi e sicuramente avrebbe trovato una soluzione anche per il suo caso. La signora era titubante: nonostante la brillante presentazione fatta dall’amico, non conosceva Gandhi. In più, la distanza da colmare per raggiungerlo le imponeva di valutare come racimolare i soldi per organizzare il viaggio. Ma tanto era il desiderio di trovare una soluzione per il figlio che si lasciò convincere e decise di fare visita al Mahatma Gandhi.
La signora era molto povera quindi, per trovare la somma necessaria, dovette fare un secondo e duro lavoro. Dopo qualche settimana, insieme al figlio, prese un autobus fatiscente e, al termine di un lungo viaggio, arrivarono a casa di Gandhi. Furono fatti entrare e, dopo una breve attesa, vennero ricevuti dal padrone di casa. La signora era molto emozionata ma, vinto l’imbarazzo, espose il suo problema: non sapeva più come dire al figlio, malato di diabete, che non doveva più mangiare cibi che contenessero zucchero. Gandhi ascoltò, guardò fisso negli occhi il bambino e poi tornò a rivolgersi alla madre, invitandoli a tornare da lui dopo una settimana. La signora era un po’ dispiaciuta perché pensava che sarebbe tornata a casa con la soluzione al problema ma non poté far altro che arrendersi all’evidenza: salutò Gandhi, prese per mano il figlio e si diresse alla fermata degli autobus.
Passarono i giorni e, in prossimità del nuovo viaggio, la signora, che nel frattempo aveva continuato a lavorare duramente per recuperare la somma necessaria per i biglietti, si preparò a ritornare da Gandhi insieme al figlio.
Dopo un altro lungo viaggio con l’autobus si ritrovarono esattamente dove erano la settimana precedente. Anche in questo caso, dopo aver atteso di essere accolti, furono ricevuti da Gandhi. Convinta che il maestro non si ricordasse di loro, la signora gli raccontò nuovamente del diabete del figlio. Gandhi la interruppe dicendole che si ricordava benissimo del problema che li aveva portati fin da lui. La signora si sentì rassicurata e si convinse di aver fatto la scelta giusta per il bene del figlio: Gandhi avrebbe saputo trovare sicuramente la soluzione per il loro problema! Calò il silenzio nella stanza, Gandhi fissò negli occhi il bambino e poi gli disse:
“Non devi più mangiare cose che contengono zucchero!”. Poi, tutto soddisfatto, si girò verso la madre con un sorriso smagliante. La signora invece lo guardò perplessa e gli chiese: “Mi scusi…premesso che gli ha detto una cosa che gli stiamo dicendo tutti da anni ma soprattutto, perché non glielo ha detto la settimana scorsa? Almeno ci risparmiavamo il secondo viaggio…”.
Gandhi senza nessuna esitazione e con la massima tranquillità rispose: “La scorsa settimana non potevo dire a suo figlio di non mangiare cose che contengono zucchero perché la settimana scorsa IO mangiavo cose che contenevano zucchero. Per tutta questa settimana ho provato a eliminare lo zucchero dalla mia dieta, ho visto che è una cosa fattibile e solo ora posso dire a un’altra persona di fare lo stesso. Altrimenti non sarei coerente, esattamente come tutti voi che continuate da anni a dirgli di non mangiare cose che contengono zucchero e poi lo mangiate”.
L’insegnamento di Gandhi passa per il più semplice dei comportamenti: l’esempio.
Lo stesso esempio che ognuno di noi ha seguito fin da bambino guardando i comportamenti degli adulti intorno a sé. Alcune sere fa ero a cena con amici e uno di questi mi raccontava di non riuscire a far capire al figlio, appena diventato maggiorenne e neopatentato, l’importanza di non eccedere con l’alcol prima di mettersi alla guida. E mentre me lo diceva sorseggiava la sua seconda birra media. Quindi gli ho chiesto se, terminata la cena e visto il suo stesso consiglio, sarebbe tornato a casa a piedi o in auto. Il concetto è che il giusto messaggio del genitore e il comportamento messo in pratica erano totalmente in contrasto.
Come possiamo aspettarci che gli altri seguano una nostra indicazione se poi siamo proprio noi a non farlo?
L’aneddoto del bambino col diabete è alla base della famosa frase attribuita proprio a Gandhi: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. I bambini, ad esempio, sono bravissimi a cogliere questa sfumatura. Magari, quando fanno perdere la pazienza a chi li deve seguire – non solo genitori ma anche insegnanti o educatori – hanno solo ricevuto dei messaggi contrastanti. Non si tratta di trovare un colpevole ma di imparare che l’esempio vale più di tante parole.
Ogni nostra frase deve essere allineata con quello che realmente poi facciamo.
Altrimenti rimangono solo dei consigli che diamo agli altri senza poi metterli in pratica in prima persona. Quando tra quello che diciamo e quello che facciamo c’è un divario profondo, il messaggio che passiamo è molto fuorviante.
Credo che la stessa coerenza la debba mettere ogni volontario che affronta la sua attività e servizio. Per gli altri e soprattutto per se stesso.