Abbiamo sempre fatto così!

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“Abbiamo sempre fatto così!”

A chi non è capitato di sentire questa frase almeno una volta nella vita?
Ogni
cambiamento si porta inevitabilmente dietro una serie di complicazioni iniziali.
L’ostinazione delle persone restie a cambiare può impedire di realizzare dei miglioramenti, a volte più di quanto non facciano le eventuali difficoltà pratiche.

In qualsiasi nuovo contesto, dal lavoro al volontariato, nel momento in cui una persona appena arrivata osa domandare perché una procedura venga effettuata in un determinato modo, magari proponendo una valida alternativa per risparmiare tempo o energie, subito chi è lì da tempo si difende dietro la classica frase “Abbiamo sempre fatto così!”.
Chi la pronuncia, spesso nasconde la volontà di chiudere il discorso sul nascere.
Il concetto di base è:
“Io, che sono qui da anni, ti dico che quell’attività si fa in quel modo, non mi far perdere tempo con idee strampalate che mi costringerebbero a rivedere tutta la mia routine abituale”.

La stessa ritrosia viene manifestata anche nei confronti di cambiamenti proposti dai superiori, al lavoro, oppure dal consiglio direttivo in un’associazione.
Comunque, il blocco al cambiamento c’è anche in questi casi e ancora più forte è la contrapposizione tra quelle che vengono così a definirsi come due fazioni opposte: da una parte la persona o le persone che hanno deciso di effettuare un cambiamento operativo e dall’altra quella delle persone che dovranno poi effettivamente mettersi all’opera con il proprio lavoro.

Anni fa mi ritrovai a lavorare per un breve periodo in un’azienda nella quale l’amministratore delegato decise di sostituire il software aziendale per la gestione delle spedizioni, cosa che comportò un normale cambiamento di procedure e necessità di dover imparare nuovamente da zero come fare cose che prima venivano fatte più rapidamente e col pilota automatico, con conseguenti malumori generali all’interno dell’azienda da parte dei dipendenti.

Se ci pensate infatti, ogni volta che viene introdotta una novità, soprattutto a livello tecnologico, non tutti sono entusiasti e la accolgono subito positivamente.
Siamo talmente affezionati alle nostre abitudini che il pensiero di cambiarle ci manda sempre un po’ in crisi.

L’abitudine ci mette al riparo dallo stress.
Lo stress ci porta ansia. L’ansia ci fa stare male.
Quindi, modificare il solito iter delle cose porta molte persone a provare una sensazione di malessere iniziale, anche se razionalmente riconoscono il vantaggio dato dal cambiamento.

Grace Murray Hopper, una pioniera della programmazione informatica in qualità di matematica, informatica e militare statunitense, ha definito l’affermazione “Si è sempre fatto così” come la frase più pericolosa in assoluto.

Nata nel 1906, professoressa di matematica, Murray Hopper entrò nella Marina Militare USA all’inizio della Seconda Guerra Mondiale e progettò il primo computer digitale. A lei si devono l’ideazione dei primi strumenti e linguaggi informatici e la risoluzione dei primi bug, vale a dire gli errori di funzionamento in un software, visto che proprio un bug, ossia un insetto, fu la causa di un problema a un computer che lei risolse tempestivamente.

In tutta la sua carriera, in un ambito così complesso come quello militare al quale lei cercava di apportare modifiche con una funzionalità informatica, si trovò tante volte di fronte al muro di opposizione al cambiamento espresso con “Abbiamo sempre fatto così”, tanto da portarla a definirla la peggior frase da pronunciare in assoluto, la più pericolosa.

È curioso che abbia usato proprio l’aggettivo pericoloso per commentarla.

Il pericolo sta, quindi, non nel cambiamento ma nell’immobilità, nel voler restare fermi senza modificare nulla.

Certo, non tutte le proposte possono essere la soluzione ai problemi che ci sono oppure fornire effettivamente una modalità più efficiente per fare qualcosa.
Ma il punto è proprio questo!
Evitare che il ritornello “Abbiamo sempre fatto così” costituisca una scusa per non accogliere le nuove proposte ancora prima di valutarle, eliminando così il confronto.

Succede perché il cambiamento è anche una fatica.
Costringe a dover rivedere tutto e abbandonare quella situazione di comfort che l’abitudine ci porta.

Ogni tanto abbiamo bisogno di cambiamenti.

Il cambiamento è implicito nella nostra stessa esistenza, il nostro corpo cresce e si sviluppa ogni giorno della nostra vita.
Ogni volta che facciamo un passo, accettiamo di stare per una breve frazione di secondo proiettati in avanti senza l’equilibrio della posizione precedente: dobbiamo perdere l’equilibrio per un attimo in attesa di ritrovare una posizione stabile.

Cambiare è difficile.
Non cambiare è fatale.
Fred Allen

Senza cambiamenti, non evolviamo.
Lo dimostra ogni specie vivente, esseri umani compresi, che nel corso dei millenni ha dovuto adattarsi alle circostanze esterne per garantirsi la sopravvivenza. Le specie che non hanno saputo opporsi alle avversità cambiando, sono state spazzate via e cancellate definitivamente.
Chi avrebbe mai detto, migliaia di anni fa, che, viste le dimensioni e la forza, i dinosauri sarebbero scomparsi dalla faccia della Terra mentre organismi più piccoli e fragili ma più duttili, avrebbero trovato il modo di sopravvivere?

Tornando a riflettere sul cambiamento nelle persone, ritengo che la curiosità sia probabilmente il vero motore per affrontare i cambiamenti nel modo migliore.
Secondo me è meglio essere curiosi che essere motivati.
Attenzione però a non fraintendermi.
Non sto dicendo che non ci voglia una motivazione sufficientemente forte per intraprendere un percorso che possa durare: se, nel colloquio di reciproca conoscenza per entrare in un’associazione, una persona che si propone come volontario non manifesta interesse a far parte del progetto, è ovvio che non vi sono le basi per poter proseguire insieme.
Un po’ come se una persona in cerca di lavoro giustificasse la sua domanda di assunzione dicendo che da qualche parte deve pur andare a lavorare e senza manifestare un minimo di interesse per quella azienda o quella mansione.

Mi riferisco invece al fatto che per forte che sia inizialmente, anche la motivazione più grande diminuisce col passare del tempo.
Lo dimostra il comportamento di molte persone che iniziano a fare volontariato con il massimo entusiasmo e poi dopo un anno, se non addirittura pochi mesi, si ritrovano a non avere più voglia di continuare.
Capita spesso, anche se le intenzioni iniziali erano sicuramente di impegnarsi al massimo.

Se, invece, si tiene sempre accesa dentro di sé la luce della curiosità, si trovano sempre nuove risorse per continuare il proprio percorso.
Cambiare non significa smettere per iniziare di nuovo da zero ma al contrario continuare in un modo diverso.

Nella mia esperienza, i cambiamenti che, inizialmente, mi spaventavano di più o di fronte ai quali manifestavo la maggiore titubanza, si sono rivelati poi le migliori occasioni per realizzare qualcosa di positivo per la mia vita.
Ogni volta che, nella mia vita, incontro un ostacolo, mi sforzo (e continuo a sforzarmi perché non sempre è facile ovviamente) a vederla come una meravigliosa occasione per trarne fuori qualcosa di buono.
Anche in questo caso, ci vuole allenamento!
E non si smette mai di allenarsi!

Rimane sempre valida una bellissima frase attribuita a Confucio, che mi accompagna da tempo e alla quale penso ogni volta che effettuo un cambiamento.

Quando fai qualcosa,
sappi che avrai contro quelli
che volevano fare la stessa cosa,
quelli che volevano fare il contrario,
e la stragrande maggioranza di quelli
che non volevano fare niente.

Confucio

E tu?
Come reagisci al cambiamento?

Spicca il volo!
Riccardo 

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