Tutto quello che impari prima o poi torna utile!

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Qualche settimana fa mi sono imbattuto una storia interessante che mi ha fatto riflettere su alcuni passaggi importanti anche nel mondo del volontariato e della formazione.
È la storia di Tinker Hatfield, un architetto al quale, a metà degli anni 80, venne affidato il compito di disegnare un modello di scarpe da ginnastica, le Nike Air Max 1: queste scarpe sono state un incredibile successo di vendita per l’azienda e sono diventate anche il modello più iconico di quelle progettate e vendute dalla celebre multinazionale statunitense.

Hatfield non aveva mai disegnato e realizzato una scarpa in vita sua: da quando era stato assunto alla Nike, nella sua sede in Oregon (USA), nel 1981, si era dedicato sempre ad altri progetti: nei primi anni si era occupato della progettazione di uffici e spazi aziendali, soprattutto gli showroom e i negozi che, proprio in quegli anni, avevano cominciato a essere sempre più diffusi negli Stati Uniti e, di lì a breve, in tutto il mondo, fino a far diventare la Nike l’azienda leader del settore nelle calzature sportive.

Nel 1985 la Nike decise di organizzare un contest per realizzare una nuova scarpa: i designer partecipanti avevano solo 24 ore per consegnare il proprio progetto.
Il vincitore fu proprio Tinker Hatfield: venne incaricato di progettare una scarpa utilizzando la nuova tecnologia Air, brevettata da un ingegnere aeronautico qualche anno prima, e che consisteva in un nuovo cuscinetto d’aria pressurizzato.
In pochi anni, la  tecnologia Air era diventata una componente presente nell’intersuola di tutte le scarpe vendute da Nike ma era del tutto sconosciuta al grande pubblico, dal momento che era invisibile osservando le scarpe in esposizione nei negozi in giro per il mondo. Questo, per la Nike, era un controsenso: l’azienda puntava infatti a valorizzare anche a livello di marketing e vendite questo sistema.

Bisognava quindi trovare un modo per far capire a tutti che le suole del modello di scarpe Air Nike erano speciali e migliori di tutte le altre presenti sul mercato.
Per una di quelle strane coincidenze della vita, che con il passare degli anni si capisce che non sono strane né tanto meno casuali, qualche anno prima Tinker Hatfield, in viaggio a Parigi, era rimasto molto affascinato dal Centre Pompidou (anche noto come Beaubourg, dal nome del quartiere in cui si trova), progettato  dall’architetto italiano Renzo Piano e aperto al pubblico alla fine degli anni 70.
Caratteristica particolare di questo edificio avveniristico è il fatto di avere ben visibili e riconoscibili molti degli elementi che di solito sono ricoperti da murature: per esempio i cavi elettrici, le tubature dell’acqua e gli ascensori.
Hatfield ne rimase così colpito che volle riprodurre lo stesso ragionamento anche per l’ideazione del nuovo modello di scarpe per la Nike: se l’azienda voleva rendere evidente la nuova tecnologia nelle suole, bastava tagliarne un pezzo lateralmente:
non bisognava più nasconderla ma mostrarla a tutti!

Vennero così alla luce le Nike Air Max 1: il lancio, nel 1987, fu accompagnato da una imponente campagna pubblicitaria e le vendite superarono, nel primo anno, il milione di esemplari.
Lo stesso Hatfield, dopo il brillante risultato di questa sua prima realizzazione, progetterà altri modelli per la Nike, sempre con ottimi successi.

“Ciò che crei, che sia un’auto, un tostapane, una casa, un ufficio o…una scarpa, è il culmine di tutto ciò che hai visto e fatto prima di quel momento” dirà Tinker Hatfield.  

Tutto quello che si impara potrà tornare utile in futuro.

Questa è la morale della storia, nella quale mi ritrovo pienamente: riflettendo su molti episodi della mia vita non posso fare a meno di notare come alcune esperienze si siano rivelate, poi, fondamentali in momenti successivi.

“Impara l’arte e mettila da parte” ci dicevano i nostri nonni.  E avevano ragione.

Le mie esperienze di volontariato mi sono state utili in altri contesti, così come la formazione ricevuta al lavoro o per la mia crescita personale sono state fonte di grande insegnamento, utile anche in altri passaggi della mia vita.
Molti episodi che ho vissuto in contesti diversi mi hanno fornito degli insegnamenti che ho applicato anche in scenari differenti.
La prova che l’esperienza ottenuta è stata un dono prezioso.

Nella mia esperienza, i contesti che mi hanno dato di più, in termini di crescita personale e di apprendimenti, sono stati proprio il mondo del volontariato e della formazione.

Ho imparato molte cose utili in diversi contesti, perché tutto è collegato.

Durante l’università ho fatto parte di un’associazione che si occupava di attività socio-assistenziali. Quello che ho imparato partecipando alla sua organizzazione e nelle dinamiche di gruppo mi ha aiutato a superare con successo l’esame di Organizzazione Aziendale perché il professore (probabilmente stufo di sentirsi ripetere a memoria i soliti esempi riportati nel libro di testo) rimase colpito dai miei esempi concreti e insoliti.

Così come alcuni momenti formativi di gruppo vissuti nel periodo adolescenziale in parrocchia hanno fatto sì che si piantassero in me dei semi di conoscenza che si sono rivelati molto importanti negli anni successivi: i primi insegnamenti sulla gestione dei conflitti e le dinamiche di gruppo le ho sperimentate proprio in quei momenti e le considero la base sulla quale poi ho costruito la mia attività formativa che offro a singoli e gruppi.
E tutto è cominciato proprio giocando da adolescente e mettendomi alla prova in mezzo agli altri.
Infine, ho fatto parte del Consiglio Direttivo di diverse associazioni di volontariato: le responsabilità legate ai ruoli di presidente e di consigliere, la collaborazione con gli altri consiglieri, l’impegno nel portare avanti l’associazione mantenendo viva la coesione e la motivazione dei volontari sono state tutte esperienze fondamentali per la mia crescita: ho potuto confrontarmi con altre persone e riscoprire e mettere in pratica, affinandole, le mie competenze relazionali e di risoluzione dei problemi che inevitabilmente si sono presentati lungo il cammino.

Ho scoperto lati di me che non conoscevo: per esempio, che sono bravo a risolvere situazioni ingarbugliate, sia a livello gestionale che relazionale, e non lo sapevo prima di quell’esperienza perché non mi ero mai trovato a dover fronteggiare circostanze simili.

E ovviamente ho anche commesso degli sbagli, che ora non farei, reagendo magari meno d’impulso di fronte ad alcune provocazioni o davanti a episodi delicati.
Ho imparato a essere meno condizionabile e a essere più assertivo, andando alla ricerca di una soluzione che non sia solo un semplice compromesso con la visione dell’altro ma una terza via che rappresenti veramente un miglioramento per tutti.

Certo, non è facile e non sempre viene bene.
Ma il senso di questo blog è anche quello di portare degli spunti a tutti per poter andare nella direzione giusta, anche se il cammino è lungo. E a volte faticoso.

E tu, quali momenti simili riesci a ritrovare nel tuo percorso?

Spicca il volo!

Riccardo

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