Quando tengo i miei corsi in presenza, capita che qualche partecipante mi chieda consigli per parlare in pubblico.
Generalmente non mi piace dare consigli e, anche quando mi vengono espressamente richiesti, cerco di capire quale sia, in realtà, il bisogno di chi me li sta chiedendo.
Le esigenze delle persone sono differenti, quindi è impossibile mettere “lo stesso vestito” su qualsiasi persona, se il vestito consiste in una abilità da apprendere.
Tengo anche sessioni su come parlare in pubblico (che mi vengono richieste solitamente in forma individuale) e noto, nella maggioranza dei casi, il tentativo di emulare qualcun altro, trasformandosi e snaturandosi.
La prima regola aurea per parlare in pubblico è semplicemente…avere qualcosa da dire.
Altrimenti è meglio stare zitti.
Può sembrare un’ovvietà o una provocazione ma è la regola che, se disattesa, provoca una serie di complicazioni successive.
Se abbiamo qualcosa da dire, quindi, ci sono alcune accortezze e degli strumenti che possiamo adottare per comunicare in modo efficace, con autorevolezza e convinzione.
A questo proposito, recentemente ho letto alcuni suggerimenti proposti da Matt Abrahams, docente e istruttore di comunicazione di Stanford.
Se, quando devi prendere la parola, ti senti bloccato e ti sembra di non comunicare al meglio i tuoi pensieri perché temi di non farlo con sicurezza, sappi che bastano alcuni accorgimenti per migliorare considerevolmente la situazione.
Contrariamente a quanto pensano in molti, saper parlare in pubblico non è una capacità innata.
Al tempo stesso ci si può preparare e migliorare.
Non si tratta di diventare il nuovo Fiorello, ma di imparare a gestire meglio i momenti in cui ti ritrovi a parlare di fronte a un pubblico, senza sentirsi in ansia e facendo in modo che alle persone arrivino i contenuti del tuo discorso e non, invece, l’imbarazzo che provi.
Innanzitutto, non sei l’unica persona che si sente a disagio: parlare in pubblico mette in difficoltà la maggior parte delle persone.
Secondo Matt Abrahams è addirittura una sensazione radicata nell’essere umano e fa parte della nostra storia evolutiva.
Col passare dei secoli e con i passaggi a una evoluzione sempre più “sociale”, gli esseri umani hanno cominciato ad affiliarsi e a radunarsi in gruppi di circa 150 persone.
All’interno di questi nuclei lo status era di importanza vitale.
Per status si intende la possibilità di accedere più agevolmente alle risorse vitali.
Un maggiore status sociale all’interno del gruppo garantiva, infatti, un riparo migliore e quantità di cibo più abbondanti, a differenza di persone con status inferiore, per le quali la minore facilità di accedere a queste risorse le esponeva a rischi di vita maggiori.
Conseguentemente a questi passaggi, secondo Abrahams, nel corso dei secoli abbiamo radicato questa attenzione al nostro status sociale rispetto agli altri.
Per queste ragioni, parlare di fronte ad altri evoca in noi un senso di minaccia, una lotta per la supremazia nell’ottenimento di uno status migliore o una sfida da vincere.
Questo, ad alcuni, suscita nervosismo e una serie di reazioni negative.
Pur non potendo cambiare questa natura evolutiva per ridurre il livello del nostro nervosismo quando parliamo in pubblico, Abrahams dà tre suggerimenti.
1. Affrontare i sintomi fisici legati al nervosismo e affrontarli.
Secondo Abrahams, di chi prova disagio a parlare in pubblico ha una frequenza cardiaca che accelera in modo considerevole nel giro di poco tempo, comincia a parlare più velocemente ma non sempre in modo chiaro, trema e suda.
Sul piano evolutivo, si tratta di una risposta di lotta o fuga, proprio come se stessimo affrontando una minaccia.
Per modificare la reazione del nostro corpo e gli effetti indesiderati o, quanto meno, attenuarne l’intensità, Abrahams suggerisce di fare respirazioni profonde oppure di muoversi.
Il movimento riduce l’adrenalina pertanto fare qualche passo verso il pubblico o gesticolare in modo ampio può aiutarci a calmare il nostro corpo, oltre a coinvolgere maggiormente l’attenzione di chi ci sta ascoltando.
Anche rinfrescarci può essere un’ottima idea.
Quando siamo nervosi, il cuore batte a un ritmo più intenso, pompando più sangue in tutto il corpo e aumentando la temperatura corporea e la traspirazione.
Non è raro notare oratori che sudano come se fossero andate a correre, pur non avendo mosso un passo.
Per questo, meglio vestirsi in modo leggero se dobbiamo parlare in pubblico, ed eventualmente coprirci dopo il nostro intervento.
L’aspetto positivo di alcuni dei suggerimenti per affrontare i sintomi del nervosismo è che notare come piccole azioni portino a qualche miglioramento permette di sentirsi sicuri e di avviare un circolo virtuoso che porta a sentirsi sempre più a proprio agio.
2. Stare nel momento presente.
Abrahams consiglia anche di affrontare in modo diretto quello che provoca ansia.
Una fonte comune per molti è la tendenza al perfezionismo.
Meglio concentrarsi sul momento presente senza cercare di essere perfetti.
Sapendo che, come dice un mio mentore, “fatto è meglio di perfetto”.
Non è necessario andare in ansia nel tentativo di fare il discorso migliore della storia ma fare del nostro meglio per passare le informazioni al nostro pubblico.
Collegato a questo punto c’è anche la paura di non essere in grado a centrare l’obiettivo.
Pensiamo a uno studente che vuole avere un buon voto a un’interrogazione, oppure a un imprenditore che sa che dal suo discorso dipenderanno i finanziamenti che riceverà per sostenere un suo progetto.
La paura di non raggiungere il proprio obiettivo mette in ansia e spaventa.
La soluzione, per Abrahams, consiste nel concentrarsi sul presente: più ci si focalizza su quello che si sta facendo, meno ci si preoccupa per quello che sarà nel futuro.
E per farlo si può far ricorso a qualsiasi cosa: alcuni ascoltano musica, preparandosi una playlist ad hoc, oppure fare come gli attori che si caricano muovendosi come il personaggio che stanno per interpretare.
Tutte cose che aiutano a restare nel presente senza pensare al futuro e agli effetti del nostro discorso.
3. Concentrarsi sul proprio pubblico.
Restare focalizzati sulle persone alle quali ci stiamo rivolgendo è fondamentale, afferma Abrahams.
Quando perdiamo di vista chi ci ascolta e siamo troppo concentrati su noi stessi, l’ansia aumenta.
E oltretutto non siamo in grado di capire se sono necessarie delle variazioni in corsa in quello che stiamo dicendo.
La concentrazione sul pubblico non deve esserci solo mentre parliamo, ma va preparata in anticipo, cercando di sapere il più possibile sulle persone che ci ascolteranno, calibrando il discorso su di loro, ad esempio facendo riferimenti che possano interessarle, aumentando l’empatia e il coinvolgimento.
Come tutte le capacità, anche quella di parlare in pubblico si può allenare, senza avere fretta e senza pretendere risultati immediati.
Spicca il volo!
Riccardo