Non è vero ma ci credo…e lo dico ad altri!

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Ci sono storie che, per quanto assurde possano sembrare, riescono a radicarsi nell’immaginario collettivo fino a diventare verità accettate.
Una di queste riguarda Charlie Chaplin e il presunto concorso di sosia a cui avrebbe partecipato, arrivando terzo o, secondo alcune versioni, addirittura ventisettesimo.
Nonostante la mancanza di prove concrete, questa leggenda ha attraversato decenni, evolvendosi di volta in volta, fino a essere citata anche in film e articoli contemporanei.

Come nasce una leggenda

La storia del concorso di sosia di Charlie Chaplin inizia nel 1920, con un articolo pubblicato dallo Sheffield Evening Telegraph. Da lì, il racconto si diffonde, passando di testata in testata, e come spesso accade con le notizie tramandate oralmente o con poca verifica, subisce modifiche e aggiunte. L’aneddoto si arricchisce di particolari curiosi, come un orologio d’oro in palio per il vincitore, la rivelazione della vera identità di Chaplin davanti a un pubblico incredulo e il progressivo peggioramento del suo piazzamento nella competizione.

La parte interessante di questa storia non è tanto se sia vera o meno, ma il modo in cui è riuscita a diventare una “verità” per molte persone, nonostante l’assenza di conferme dirette da parte dello stesso Chaplin o di cronache affidabili dell’epoca.

Il fascino delle storie incredibili

Ma perché ci piace credere a storie del genere? Perché, anche di fronte alla mancanza di prove, siamo portati a pensare che qualcosa di così assurdo possa essere realmente accaduto?

La risposta sta in diversi fattori psicologici e sociali:

  1. Il desiderio di rendere i grandi più umani – Charlie Chaplin, all’epoca, era un’icona mondiale, ammirato e irraggiungibile. Sentire che persino lui potesse aver fallito in un concorso per imitatori rendeva la sua figura più accessibile e simpatica. Ci fa sentire che anche i giganti hanno momenti di debolezza, e questo è rassicurante.

  2. La voglia di storie memorabili – Le storie che sorprendono hanno un valore narrativo altissimo. Sono facili da ricordare e ancora più facili da raccontare. Il concorso di sosia di Chaplin è una di quelle storie perfette per essere tramandate perché ha il giusto mix di assurdità, ironia e coinvolgimento emotivo.

  3. Il passaparola e la distorsione dell’informazione – Ogni volta che una storia viene raccontata, chi la tramanda tende a modificarla leggermente, spesso involontariamente. Aggiunge dettagli, rimuove parti poco interessanti e la rende più accattivante. È così che un piccolo aneddoto raccontato da una persona famosa si trasforma in una verità indiscussa diffusa in tutto il mondo.

  4. La tendenza a non verificare le fonti – Anche prima dell’era digitale, le persone non avevano l’abitudine di verificare le informazioni alla fonte. Oggi, con Internet e i social media, questo fenomeno è ancora più accentuato. Un’informazione, per quanto falsa, se ripetuta abbastanza volte, diventa credibile.

Le fake news di ieri e di oggi

La storia del concorso di Chaplin potrebbe essere considerata una delle prime fake news moderne. Si tratta di un evento che probabilmente non è mai accaduto, ma che continua a essere riportato e creduto da molti.

Oggi le fake news viaggiano ancora più velocemente, grazie ai social media e alla condivisione immediata delle informazioni. Le bufale su eventi storici, personaggi famosi e fenomeni globali si diffondono senza freni, perché il nostro cervello è naturalmente predisposto a credere a ciò che è intrigante, divertente o che conferma le nostre idee preesistenti.

Come proteggersi dalle false credenze

Se la storia di Chaplin può far sorridere e non ha un impatto negativo, ci sono altre fake news che possono invece influenzare in modo significativo le nostre decisioni e la nostra visione del mondo. Ecco alcune strategie per difendersi dalla disinformazione:

  • Verificare sempre le fonti – Se una notizia sembra troppo assurda per essere vera, è probabile che non lo sia. Controllare più fonti affidabili prima di crederci.

  • Essere consapevoli del bias di conferma – Tendiamo a credere più facilmente alle informazioni che supportano le nostre convinzioni preesistenti. Essere aperti a metterle in discussione è essenziale.

  • Non condividere senza pensare – Condividere una notizia senza verificarne l’attendibilità contribuisce alla diffusione della disinformazione. Meglio prendersi un momento per riflettere.

Conclusione

La leggenda di Charlie Chaplin e il concorso di sosia è un esempio perfetto di come una storia, ripetuta abbastanza volte, possa diventare una “verità” nella mente collettiva. Il nostro desiderio di credere in aneddoti affascinanti e la nostra tendenza a non verificare le informazioni giocano un ruolo cruciale nella diffusione delle fake news.

Se da un lato questa particolare storia non ha conseguenze negative, altre false informazioni possono invece influenzare il modo in cui vediamo il mondo, prendiamo decisioni e interagiamo con gli altri. Essere consapevoli di come si formano le leggende e di come evitare di cascarci è il primo passo per avere un rapporto più sano con l’informazione.

E chissà, forse tra cento anni qualcuno racconterà ancora che Chaplin arrivò terzo a quel famoso concorso… e ci sarà chi ci crederà ancora.

Ci indigniamo giustamente per le fake news, ci lamentiamo di quanto sia facile ingannare le masse… e poi?
Poi condividiamo una storia senza verificarla, crediamo a un aneddoto perché ci piace pensare che sia vero, ripetiamo un fatto senza mai chiederci se lo sia davvero.
E così, nel nostro piccolo, diventiamo parte del problema.

Quante volte abbiamo raccontato qualcosa con assoluta certezza, senza mai averne verificato la fonte? Quante leggende abbiamo alimentato solo perché ci sembravano affascinanti?

Forse il vero problema non sono solo le fake news, ma il nostro desiderio di credere a ciò che ci fa sorridere, stupire o indignare.
E se il prossimo racconto assurdo, quello che condivideremo senza pensarci, riguardasse proprio noi?

Spicca il volo!
Riccardo

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