
Giorni fa mi sono ritrovato a discutere con amici su chi fosse ottimista e chi invece si ritenesse pessimista.
Ognuno aveva valide argomentazioni per ritenersi maggiormente orientato da una parte piuttosto che dall’altra.
L’interpretazione di tutti gli eventi che ci circondano ha avuto una parte fondamentale nello spostare, inizialmente, l’ago della bilancia verso il pessimismo ma alla fine della discussione le parti erano piuttosto in equilibrio.
Indubbiamente, nel definirsi ottimista o pessimista, ognuno si porta dietro il suo vissuto ed è chiaro che nessuno può convincerci di essere dalla parte sbagliata invitandoci a cambiare.Nel discutere di queste cose, mi sono ricordato di un personaggio letterario iconico: Pollyanna Whittier, protagonista del romanzo di Eleanor H. Porter uscito nel 1913 e diventato il primo di una collana di libri molto famosi nel 20° secolo, con i quali l’editore fece fortuna, facendo scrivere libri ad altri scrittori con la stessa protagonista anche dopo la morte della Porter.
Ne sono state fatte anche molte versioni cinematografiche: la più famosa è del 1960 e consentì alla giovane attrice Hayley Mills di vincere un Oscar “speciale” per gli artisti giovani.
La storia di Pollyanna, seppur immaginaria, racchiude un messaggio profondo e attuale sull’ottimismo e sulla sua straordinaria forza di fronte alle difficoltà della vita.
La protagonista del libro, infatti, Pollyanna Whittier, affronta ogni difficoltà con uno sfrenato ottimismo, fino a renderlo eccessivo e irrazionale in alcuni momenti tanto che ancora oggi, nella cultura americana, la parola “pollyannish” viene utilizzata per indicare chi è instancabilmente ottimista, sempre in grado di trovare gratitudine e positività, qualunque sia la circostanza.
Può addirittura anche indicare una persona così esageratamente da diventare fastidiosa.