Ognuno di noi fissa degli obiettivi. A volte sono particolarmente sfidanti e, seppur raggiungibili, costituiscono per noi un impegno importante. Ci sentiamo così coinvolti dal traguardo che, quando arriviamo arrivati al fine del periodo nel quale avevamo previsto di raggiungerlo, possiamo reagire in modo molto diverso a seconda che, effettivamente, siamo riusciti o meno a ottenere quanto ci eravamo proposti.
Immaginiamo che l’obiettivo sia perdere peso, ad esempio 10 chili in 4 mesi. Arriviamo alla fine dei 4 mesi, saliamo sulla bilancia vediamo che abbiamo perso 8 chili. Come ci sentiamo in quel momento? Prima di verbalizzare una risposta, teniamo a mente la sensazione che potremmo avere e procediamo con il ragionamento.
Gli obiettivi concreti possono essere un problema…
In uno studio pubblicato sulla rivista Psychological Science, i ricercatori che hanno svolto esperimenti in materia, hanno riscontrato che il modo in cui le persone reagiscono ai progressi relativi – vale a dire ai miglioramenti che avvicinano all’obiettivo pur non realizzandolo in pieno – porta a quella che hanno definito come “aggregazione negativa”.
I partecipanti all’esperimento hanno percepito il raggiungimento dell’80% dell’obiettivo (nell’esempio, gli 8 chili persi su 10 desiderati) in modo negativo, esattamente come se ne avessero realizzato il 40%. Aver perso 8 chili su 10 era considerato un fallimento, tanto quanto se i chili persi fossero stati la metà. Analogamente, sempre secondo questa ricerca, raggiungere 4 obiettivi giornalieri su 5 anziché centrarli tutti era valutato come se le spunte su una lista fossero solo 2 su 5.
La voglia di perfezione sembrerebbe non farci apprezzare pienamente i successi ottenuti.
Sembrerebbe controintuitivo. In fondo, puntare a dei cambiamenti molto concreti, e non porsi semplicemente il vago obiettivo di fare meglio, dovrebbe spingerci ad agire davvero per riuscire.
Tuttavia, questo studio ha dimostrato che, così facendo, si innesca un effetto controproducente: le persone ragionano in modo binario su obiettivo raggiunto/obiettivo non raggiunto e non apprezzano quanto sono comunque riusciti a fare.
E la motivazione a continuare viene meno. Tornando all’esempio della bilancia: “Non sono riuscito a perdere 10 chili, quindi non sono in grado di raggiungere quell’obiettivo e ogni tentativo ulteriore è inutile…”. Potremmo aumentare la nostra motivazione se ci rendiamo conto che l’aspetto importante è aver messo in moto un progresso verso la direzione giusta. Quando facciamo dei progressi, nella nostra mente scattano automaticamente alcuni passaggi.
Uno di questi è fare un raggruppamento negativo: per quanto vicini siamo arrivati all’obiettivo, lo consideriamo pur sempre un fallimento. E smettiamo di provarci.
Un altro aspetto importante è dato dal confronto sociale. Abbiamo detto ai nostri amici che avremmo perso 10 chili in 3 mesi e siamo convinti che penseranno che non ci siamo impegnati abbastanza, nonostante le frasi di circostanza che ci diranno per consolarci. Siccome crediamo di averli delusi, , tenderemo a limitare sforzi ulteriori per non ritrovarci nella stessa situazione.
Ma la mente (e forse l’orgoglio) ci stanno ingannando.
In realtà siamo sulla strada giusta! Abbiamo dimostrato che il cambiamento è possibile. Magari non nel tempo che avevamo ipotizzato, pazienza. Ma, se continuiamo a impegnarci, ci arriveremo.
Il segreto è porsi le seguenti tre domande:
Cosa ha funzionato? Cosa non ha funzionato altrettanto bene? Quali modifiche posso apportare?
Riprendendo l’esempio del dimagrimento, per perdere chili abbiamo comunque variato la nostra alimentazione, abbiamo iniziato a svolgere un’attività fisica in modo regolare, con benefici sul ciclo di sonno e altro ancora.
Sono tutti ottimi risultati, anche se non abbiamo centrato in pieno l’obiettivo. Magari, ogni tanto, abbiamo sgarrato nella dieta e non sempre abbiamo rispettato la tabella degli allenamenti ma abbiamo impostato azioni e comportamenti nella giusta direzione. Sappiamo quindi come continuare e cosa, invece, dobbiamo ricalibrare per ottenere risultati ancora migliori.
Questo vale anche per le liste delle cose da fare: completarne 3 o 4 su 5 dimostra che non siamo degli inetti e dei fannulloni ma che, magari, abbiamo solo bisogno di organizzarci meglio. Possiamo trovare molti esempi anche nelle nostre attività di volontariato.
Osserviamo i progressi parziali per quello che effettivamente rappresentano: un’opportunità per migliorare ciò che funziona, rivedere e correggere ciò che al momento sembra non funzionare, e fare ancora più progressi fino al raggiungimento del nostro obiettivo.
Un passo alla volta, uno dopo l’altro, fino al traguardo finale.