Gestire i conflitti: da dove iniziare?

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:Articoli

Ci risiamo.
Siamo partiti con le migliori intenzioni e poi ci ritroviamo a litigare.
Non importa su cosa. Il risultato è che perdiamo tempo in discussioni e battibecchi, se non addirittura in litigi molto accesi anziché dedicare quelle energie a qualcosa di più utile.
Chi fa volontariato probabilmente sa già che le associazioni non sono esenti dai conflitti anche se, per chi non ne fa parte, potrebbe sembrare impossibile.
Il mondo del volontariato viene spesso dipinto in modo idealistico dove l’armonia regna sempre sovrana: ne ho scritto in altri articoli che vi invito a leggere
https://spiccailvolo.it/conflitto-ben-venga/  
e anche
https://spiccailvolo.it/quando-i-volontari-litigano-tra-loro-dietro-la-tastiera/

Qui voglio spendere ancora qualche parola per dire che non è sempre così. Ma è normale e va benissimo.
Il mondo del volontariato non fa eccezione rispetto a qualsiasi gruppo di persone che, a prescindere dal contesto, possono avere idee differenti su un determinato argomento.
Capita in famiglia come al lavoro, nel gruppo di amici come con le persone che frequentiamo per fare sport o con le quali coltiviamo le nostre passioni.
Il punto è impegnarsi per evitare che le incomprensioni aumentino e la situazione diventi ingestibile.

Non sempre è facile gestire un conflitto tra persone o gruppi e, a volte, si fatica per sistemare le cose, soprattutto se con il tempo, anziché avvicinarsi verso un punto comune, le due parti si sono distanziate sempre più.

Trovare un terreno comune e iniziare a collaborare può essere molto faticoso.
I motivi possono essere i più disparati: dalle questioni di principio sulla mission associativa a incompatibilità caratteriali tra soci che, poi, arrivano a minare la quiete del gruppo generale.

Nel corso degli anni mi sono ritrovato sia come parte in causa in un conflitto che come terzo imparziale impegnato ad aiutare a sbrogliare la matassa e a facilitare il dialogo verso una soluzione. È un’attività che mi appassiona e alla quale sono dedicati alcuni dei miei corsi (potete saperne di più alla pagina https://spiccailvolo.it/formazione-in-presenza-per-gruppi/).

Il presidente americano Eisenhower era solito iniziare gli incontri più delicati con controparti decisamente avverse, dicendo una frase che, nella sua semplicità, trovo illuminante:

“Prima di tutto mettiamoci d’accordo su ciò su cui siamo d’accordo.
Poi potremo combattere su ciò su cui non siamo d’accordo”.

Quasi sempre, chi si affronta in un conflitto cerca di risolvere il problema partendo da punti di vista opposti, quando invece, spesso, sono molto più numerosi gli aspetti sui quali concordano di quelli su cui sono in disaccordo e per i quali si scaldano tanto.
Se si iniziasse una discussione parlando prima di ciò che si condivide, si contribuirebbe a costruire un’atmosfera più rilassata e le intenzioni più bellicose facilmente lascerebbero il campo a uno spirito collaborativo.

Prendiamo l’esempio di due gruppi di volontari che hanno idee diverse sull’utilità di fare un corso di formazione per i soci.
Da una parte quelli entusiasti all’idea di mettersi in gioco e imparare nuovi strumenti da mettere in pratica; dall’altra quelli che vogliono preservare le risorse economiche dell’associazione in vista di altre spese importanti.
Messa così, è una situazione da muro contro muro e l’unico risultato concreto che si può ottenere nel breve periodo sarà quello di spaccare il gruppo in due fazioni contrapposte.
Se, però, si allarga la visione d’insieme e si osserva che entrambe le posizioni nascono dal desiderio di far crescere l’associazione e di permettere ai soci di raggiungere la mission associativa in modo più produttivo, sarà possibile trovare nuove vie per dirimere il dilemma che divide il gruppo.
Partire da ciò che accomuna le parti in conflitto ha altresì il vantaggio di smontare chi dice no a prescindere, vera mina demotivante per i gruppi perché crea situazioni di stallo.

Non fermatevi a individuare un solo punto in comune, con il rischio che sia generico e non bene definito: non basta dire “vogliamo entrambi il bene dell’associazione”, è un’affermazione troppo vaga e non dà alcuna indicazione su cosa ognuno intenda per bene dell’associazione.
Quando andiamo in montagna a camminare, ci concentriamo sulla fatica dell’ascesa e sul piacere che ci dà quello che stiamo facendo e, presi dalla condivisione della fatica, salutiamo gentilmente le persone che incrociamo sul nostro cammino.
Poi, finite le vacanze e tornati a casa, quasi non salutiamo il nostro vicino di casa…
Eppure noi siamo sempre gli stessi, no?
Cosa è cambiato?
Le preoccupazioni del quotidiano ci impediscono di stare nel “qui e ora” e di trovare qualcosa in comune con gli altri, rimanendo focalizzati solo su quello che abbiamo da fare senza d accorgerci del contesto in cui ci troviamo e delle persone che ci circondano.
Evitiamo di farlo nel definire insieme su cosa si fondi il bene associativo, è importante essere chiari e lineari ed evitare di limitarsi ai buoni propositi.

Una volta che le parti hanno costruito un solido piano comune di elementi che le accomunano, noterete come sia molto più semplice trovare una soluzione che non sia la scelta tra due linee di condotta distanti tra loro.

Iniziare i momenti di confronto tra chi ha idee differenti su un argomento partendo da quello su cui si è d’accordo porta a mantenere la conversazione obiettiva (su dati e fatti) e non soggettiva (su opinioni personali) e a concentrarsi sulla risoluzione dei problemi sul tavolo piuttosto che su conflitti interpersonali.

Siamo tutti capaci di notare le differenze tra due persone.
L’obiettivo è aiutarle – e aiutarsi reciprocamente – a vedere oltre quelle differenze e a osservare i punti in comune.
Allenarsi ad ascoltare il parere dell’altro prima di voler urlare al mondo la propria opinione.
Anche perché, molto spesso, il motivo della divergenza non è “cosa” o “perché” ma il “come”.
Partire dai punti in comune rende meno nette le differenze iniziali e, quindi, può produttivo il confronto successivo.
Aiuta a evitare di mettere in discussione l’opinione altrui semplicemente per il gusto di farlo.
Porta a discutere non per avere ragione ma per trovare una soluzione a vantaggio di tutto il gruppo, eventualmente riconsiderando il proprio punto di vista grazie al confronto con chi la pensa diversamente.
Altrimenti il conflitto diventa una infinita partita a tennis nella quale i giocatori continuano a ributtare la palla nella metà campo avversaria ma senza nessun vincitore. 
  

Il fine è arrivare a un incontro tra persone che non vogliono solo parlare per esporre il proprio punto di vista ma ascoltare quello altrui per capire come trovare una soluzione insieme.

Non è facile.
Ma neanche così difficile.
Se si prova!

Spicca il volo!
Riccardo

Se ti è piaciuto condividi!