Fare due chiacchiere può essere utile… Se fatto nel modo giusto!

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Secondo Matt Abrahams, esperto di comunicazione e docente di comportamento organizzativo presso l’Università di Stanford, le persone brave a conversare chiedono sempre a chi sta parlando di raccontare loro qualcosa in più.
La cosa incredibile è che questo docente non ha imparato questa frase nel corso dei suoi studi ma dalla suocera, a cui era molto affezionato, e che, nel corso degli anni, gli fece capire come un sincero interessamento ai discorsi degli altri possa costituire la base per essere bravi nella conversazione.

Parlando di conversazione, siamo soliti legare questo tema alla capacità oratoria del singolo e invece ecco subito un primo importantissimo spunto sul quale riflettere: quando si parla con altre persone bisogna soprattutto saper ascoltare. 
Non confondiamo chi sa parlare con gli altri con l’oratore che sul palco deve intrattenere un pubblico.

Interagendo con gli altri, ci dimentichiamo troppo spesso che abbiamo una grandissima opportunità: quella di imparare qualcosa!

Non mi riferisco solamente a nozioni che la persona davanti a noi potrebbe comunicarci ma soprattutto a un vissuto di emozioni con il quale confrontarci. Questa opportunità viene molto spesso sottovalutata. Capita in qualsiasi ambito, quando la stanchezza o la mancanza della dovuta attenzione ci porta ad andare dritti senza soffermarci su quanto gli altri vorrebbero o potrebbero dirci. 

Quando parliamo con le persone, secondo il professor Abrahams, possiamo dare all’altro una risposta di supporto oppure una risposta di spostamento. 

Per risposta di supporto si intende che stiamo dimostrando verso chi parla il nostro interesse per ciò che ha detto e manifestiamo il desiderio di saperne di più.
La risposta di spostamento, invece, sposta la conversazione da chi parla a noi.

Per esempio, un’amica ci sta raccontando una sua disavventura e noi che ascoltiamo le diciamo che è capitato anche a noi e cominciamo a raccontare la nostra esperienza.
Così facendo, siamo convinti di aver partecipato alla conversazione nel miglior modo possibile ma l’unico risultato certo è stato quello di aver portato l’attenzione dall’altra persona a noi.
Non è detto, infatti, che quello che è capitato a noi sia effettivamente simile a quanto l’altro stava raccontando, soprattutto non sapremo mai se, dopo i fatti, la persona che abbiamo davanti voleva raccontarci qualcos’altro, magari di più personale.
Una persona brava a comunicare, mostrerebbe il proprio interesse, chiedendo al suo interlocutore di raccontarle qualcosa di più. 
Anziché partire con il nostro racconto, facciamo il possibile perché la persona con la quale stiamo dialogando abbia tutto il tempo di concludere quanto ha da dirci.

Mi viene da aggiungere: lasciamo che finisca le parole per definire un problema o una situazione e inizi a trovarne altre per raccontarci come sta.
Anche nel caso di racconti banali, se ce li stanno raccontando significa che magari così banali non sono.

“Ma quindi devo solo ascoltare e non posso parlare mai?”
No, certo!
Sia le risposte di supporto che quelle di spostamento sono importanti e bisogna sempre cercare di trovare un giusto equilibrio.
Se dessimo soltanto risposte di supporto, probabilmente daremmo all’altro la sensazione di non essere coinvolti nella conversazione.
Ma il rischio di eccedere con risposte di spostamento e, più o meno inconsciamente, dare poco sostegno al vissuto dell’altro, portando l’attenzione su di noi, è generalmente molto alto.
Questo capita anche se lo facciamo per manifestare quanto comprendiamo il racconto dell’altro portando a esempio episodi analoghi capitati a noi.
Ahimè, molto spesso ci rivela quanto ci piaccia parlare più di noi stessi che ascoltare gli altri.

Per migliorare, possiamo iniziare dall’osservarci quando stiamo parlando con qualcuno, individuando se offriamo più risposte di supporto o di spostamento e, una volta fotografata la situazione, impegnarci per riequilibrare le tipologie di risposte che stiamo dando nella conversazione.

Il mix giusto non esiste, non c’è una tipologia di conversazione che vada bene in ogni occasione e che, soprattutto, sia replicabile con qualsiasi altra persona. 
È anche vero, però, che ci sono persone con le quali ci viene più facile parlare che con altre: possiamo cercare di capire cosa rende più facile il confronto con loro e replicarlo anche con gli altri.
Il tutto sempre in un’ottica di miglioramento, per noi e per chi ci circonda.

Che abbiate pensato o meno a un collega o un amico con cui recentemente vi siete confrontati, leggendo questo scritto, potete incontrare queste dinamiche in qualunque contesto: al lavoro, in famiglia o nella vostra associazione di volontariato.
A volte, quando tengo dei corsi per un’associazione, mi capita di parlare con le
persone che la gestiscono e di chiedere loro come vadano le cose.
A prescindere dalle risposte, sia che descrivano un gruppo molto costruttivo oppure un momento in cui le dinamiche associative sono complicate, mi informano di situazioni nelle quali una migliore comunicazione porterebbe a un clima più sereno.
Rifacendoci a quanto scritto sopra, il disequilibrio tra risposte di supporto e di spostamento tra i vari membri dell’associazione è evidente.

Ma nessuna situazione è tanto grave da non poter essere recuperata.
Se ci si mette d’impegno e si decide di fare un piccolo passo verso l’altro.
Può costare fatica, ma se non lo fai sicuramente la situazione non potrà magicamente migliorare.

E ognuno di noi può fare qualcosa!
Comincia a notare come rispondi in una conversazione e come puoi equilibrare meglio le tue risposte, tra quelle di supporto e quelle di spostamento.

Per stare meglio con l’altro, e soprattutto con te stesso.

Spicca il volo!
Riccardo

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