
Alcuni anni fa un’associazione francese impegnata a migliorare il supporto per le persone con
disabilità multiple, ha pubblicato su YouTube l’interessante video di cui inserisco il link alla fine dell’articolo.
Per sensibilizzare le persone e farle riflettere, alcuni volontari vengono sottoposti a un gioco
educativo: gli si chiede di riprodurre le espressioni e le smorfie fatte dalle persone che vedranno su uno schermo davanti a loro.
I volontari sono tutti genitori, ciascuno sarà sottoposto alla prova insieme al proprio figlio.
Ogni coppia, formata da un genitore e un bambino, entra nella stanza e si accomoda per terra davanti allo schermo, con solo un piccolo divisorio tra genitore e figlio, in modo tale che ognuno possa svolgere l’esercizio senza essere condizionato da quanto fatto dall’altro.
Comincia la proiezione del filmato e si susseguono le smorfie che i volontari devono imitare.
La prima attrice da imitare si mette le dita in bocca per fare una boccaccia, il successivo fa la faccia buffa con gli occhi storti e così via, chi tira fuori la lingua e chi si tira le orecchie, cercando di fare un’espressione strana o paurosa, come abbiamo fatto tutti da bambini, in un crescendo di
espressioni ridicole che fanno divertire sia i genitori che i bambini, a cui viene chiesto di riproporre quanto vedono sullo schermo.
Tutti si divertono e si percepisce una complicità divertente tra i partecipanti alla prova, che con maestria copiano esattamente quanto vedono.
Fino a quando non viene inquadrata l’ultima persona della quale riproporre la smorfia:
una bambina.
Una bambina che gli occhi degli adulti etichettano immediatamente come una bambina disabile, con il conseguente imbarazzo nel doverne imitare le boccacce e con tutto il retaggio culturale che ci porta, giustamente, a non prendere in giro una persona con una forma di disabilità.
Subito gli adulti si bloccano, perdono l’entusiasmo, alcuni osservano cosa stia facendo il proprio figlio.
I bambini, invece, continuano a giocare.
Per loro non è cambiato nulla.
Il gioco è, in fondo, molto semplice: bisogna imitare le smorfie fatte dalle persone nel video.
È divertente, immediato, ha portato gioia nel farlo e continuano a farlo.
Perché smettere?
Per gli adulti invece è cambiato un particolare che ha mutato tutto il contesto: non si tratta più di imitare delle boccacce fatte dagli attori ma è diventato un riprovevole esercizio nel quale gli si chiede di prendersi gioco di una persona disabile.
Mille pensieri su cosa si deve fare e su cosa invece bisogna evitare nella nostra società li portano a bloccarsi: il gioco non è più bello…e non è più neanche un gioco.
E questo nonostante la bambina nel video sorrida…e sia presumibilmente contenta di partecipare e di farsi imitare, esattamente come tutte le persone che l’hanno preceduta.
I bambini non hanno nessun problema, nessun pensiero, perché per loro l’esercizio da fare è sempre lo stesso, e con lo stesso divertimento: infatti si mettono un dito nel naso come fa la bambina sullo schermo.
La differenza sta qui!
I bambini vedono una bambina mentre gli adulti vedono una disabile.
L’invito conclusivo del filmato è quindi quello di vedere le differenze con gli occhi di un bambino.
Vediamo tutti la realtà attraverso il filtro delle abitudini e della cultura.
Soprattutto, facciamo i conti costantemente con quel codice di comportamento costruito nella società nella quale viviamo e che si modifica con estrema lentezza.
“Non si fa”, il commento di sottofondo nella nostra infanzia pronunciato dai nostri adulti di riferimento e con i quali abbiamo imparato a muoverci nella nostra società.
Alcune cose reputate normali ai giorni d’oggi sono state motivo di grandi scandali o di incomprensioni anche solo quarant’anni fa.
Quante volte abbiamo sentito i nostri nonni dirci che ai loro tempi ci si comportava diversamente!
Molto spesso c’è stato un obiettivo miglioramento, a volte, invece, abbiamo perso delle buone abitudini sociali la cui mancanza ha generato anche dei problemi. Siamo in continua evoluzione anche in questo.
Cercando di trarre un insegnamento da questo video e ampliando il discorso, mi viene sempre da
pensare che, quando ci sono dei grandi conflitti internazionali e le situazioni, col passare dei mesi, si ingarbugliano sempre più anziché migliorare, forse si potrebbero mettere nella stessa stanza una ventina di bambini delle opposte fazioni e chiedere a loro di trovare una soluzione: sono
convinto che saprebbero individuare valide alternative pacifiche a tutto quanto reso complicato dagli adulti.
Anche nel volontariato la chiave è vedere non la persona anziana in una Rsa oppure il paziente ricoverato in ospedale, né il disabile che deve essere assistito o il senza fissa dimora che necessita di un riparo e un pasto caldo ma sempre e comunque delle persone.
Ne ho parlato anche nell’articolo – Un incontro speciale (lo trovi qui: https://spiccailvolo.it/un-incontro-speciale/ ): è un tema che mi sta molto a cuore e anche grazie a questo video ripenso sempre come le cose in realtà siano molto più semplici di quanto invece poi noi tendiamo a rendere complicate.
La differenza è negli occhi di guarda e il confronto tra persone (e non soggetti a cui sono state attribuiti etichette) il modo migliore per crescere insieme aiutandosi reciprocamente.
Spicca il volo! (con gli occhi di un bambino)
Riccardo
Link per vedere il video su YouTube:
https://www.youtube.com/watch?v=WB9UvjnYO90