Associazione di volontariato: una famiglia?

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Questo articolo potrebbe creare irritazioni e arrabbiature: prima della lettura vi consiglio di fare un respiro lungo e profondo. Soprattutto se avete sempre pensato al mondo del volontariato con gli occhi a cuoricino come in un’emoticon di whatsapp.
Battute a parte, idealizzare il volontariato può portarci a non valutare correttamente le situazioni e a commettere errori.

Spesso si parla dell’azienda nella quale si lavora come di una famiglia, descrivendola come qualcosa a metà strada tra il Paradiso dove tutti si guardano come in una commedia romantica e la fantomatica famiglia della pubblicità del Mulino Bianco.

Stesso discorso, a volte addirittura amplificato, nelle associazioni di volontariato.

Io non la penso così.

La famiglia è la famiglia, l’azienda è l’azienda…e l’associazione è l’associazione.

Nella tua associazione di volontariato potrai trovare una realtà bellissima e stringere rapporti che dureranno nel tempo e che coloreranno la tua vita in modo brillante.
Accade nella stragrande maggioranza dei casi e sono convinto che anche nella tua associazione il clima sia sereno e positivo e tutti i soci si sentano gratificati e soddisfatti.

Se ci pensi bene, però, le cose più cattive nella nostra vita le abbiamo dette in un momento di rabbia a nostri familiari o, comunque, alle persone alle quali diciamo di volere più bene.

Nello stesso modo, può capitare che, per le ragioni più disparate, il clima associativo si guasti e che le energie dei soci siano assorbite da litigi e banali battibecchi che distolgono l’attenzione dalle normali attività associative.

Un proverbio cinese dice: Una casa divisa non è un covo di ladri: è solo una casa divisa.

In un’associazione di volontariato tutti dovrebbero avere bene in mente lo scopo fondamentale dell’attività e concentrarsi sulla persona o sul gruppo di persone alla quale il nostro servizio di volontariato è rivolto.
Possono però capitare incomprensioni e malumori che rendono più faticoso il compito da svolgere.

Come ne usciamo?
La risposta è molto articolata.
Impegnandoci quotidianamente nel dedicare piccole attenzioni ai nostri compagni di associazione, aiutandoci giorno dopo giorno a costruire qualcosa di importante che non possa essere messo in crisi da un momento di incomprensione.

Concedendoci di avere dei momenti di stanchezza e affaticamento.
Non siamo supereroi perché facciamo volontariato…
A volte sbagliamo, a volte ci sentiamo stanchi, reagiamo in modo scomposto, magari fatichiamo a riconoscerci in quella reazione.
Impariamo ad ascoltarci e a condividere con i nostri compagni di associazione.

Siamo tutti diversi e quindi diverso è anche l’apporto che ognuno di noi può dare, sia in termini di tempo che di competenze.

Siamo tutti uguali ma non siamo tutti uguali: tutti i soci di un’associazione hanno gli stessi diritti e doveri sanciti dallo statuto. Al tempo stesso, ci sono delle differenze date dalla possibilità di impegnarsi più o meno in termini di tempo, di tipo di contributo che ognuno può dare in base alle proprie conoscenze e competenze.
Se sono un tipo preciso e organizzato potrò propormi come tesoriere; meglio, invece, evitarlo se non mi riconosco le qualità minime necessarie per poter svolgere quel compito sufficientemente bene e senza stress.
Sono spigliato e bravo a “fare gruppo”? Potrò farmi avanti per gestire gli incontri fra i volontari e per favorire l’integrazione. Se, al contrario, sono timido e introverso potrò dare un contributo utile in altri ruoli.

Una cosa che mi piace sempre sottolineare quando affronto questi argomenti è che così come siamo, siamo perfetti.

Ognuno di noi può trovare il suo modo per dare il proprio contributo, sempre nel rispetto delle regole associative.
Senza dover necessariamente cambiare.
Certo, in molte associazioni ci sarà la possibilità di accrescere le proprie competenze o aspetti del proprio carattere e sarà molto bello e utile, per noi e gli altri.
In altri casi dovremo gestire situazioni complicate che si sono create nel nostro gruppo.

Siamo quindi una famiglia in associazione?
Facciamo chiarezza:
cosa intendiamo per famiglia?

Proviamo a essere più precisi e sostituiamo al termine famiglia quello di gruppo in costante evoluzione che si impegna a gestire le situazioni critiche in maniera costruttiva.
E’ un po’ lunghetta come definizione, lo so…ma ci ricorda che in un’associazione, come in una famiglia, i migliori risultati vengono quando c’è uno sforzo condiviso da parte di tutti alla luce dei valori che ci hanno portati a scegliere quel tipo di volontariato e che stanno alla base dell’associazione di cui facciamo parte.

Spicca il volo!

Riccardo

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